Degustare il teatro: antichi delitti e una giuria godereccia

degustare v. tr. [dal lat. degustare, der. di gustus «assaggio, gusto, sapore»]. – Assaggiare, assaporare (cit. Treccani)

Un vocabolo che nella mia mente evoca un rito lento, eseguito ad occhi semichiusi, in un ambiente accogliente e caldo, quasi contemplativo, ricco di emozioni e sensazioni.

Un teatro, magari.

Vi sembra strano? Voi pensate ad un ristorante stellato e al piattino di riduzione di schiuma di aria di perla di sabbia di aroma di?

No, qui si parla di roba seria: cucina calabrese. D’epoca, per di più. Un’epoca variabile tra gli inizi e la metà del novecento, forse anche prima, con le sue pietanze tipiche e gli avvenimenti caratteristici.

In particolare, parliamo di Antichi Delitti. Immaginate di essere chiamati a far parte di una giuria molto particolare: i fatti non vengono solo raccontati, ma anche rappresentati; gli eventi narrati sono reali, grazie al certosino lavoro di ricerca di Francesco Caravetta, studioso appassionato, scrittore e mio amico d’infanzia (QUI il blog su cui troverete alcune delle storie). La parte scenica è affidata a Eduardo Tarsia, creatore e fondatore della Officina delle Arti.

Al termine della rappresentazione la giuria sarà chiamata a deliberare, con l’ottica di oggi, sulle sentenze di un secolo fa. Un’appassionante confronto di idee, ideologie, culture e modi di pensare a distanza di decenni, con l’intervento di esperti del settore, dal criminologo all’avvocato.

Ovviamente, riflettere e decidere richiede impegno. Per evitare alla giuria un calo glicemico che potrebbe ottenebrare le facoltà cognitive, sarà data l’opportunità di degustare, per l’appunto, i piatti tipici.

E indovinate chi se ne occuperà?

E non solo: dopo “anta” anni dalla mia unica esperienza presso il gruppo teatrale universitario a Firenze, tornerò sul palco, come voce narrante, filo conduttore, e anche con qualche particina (magari mi ammazzano nel primo minuto, così risparmierò qualche figuraccia).

Insomma, sarà un’esperienza notevole ed appassionante, unica nel suo genere. Inutile dire che vi aspetto, da Cosenza e dintorni, ma anche da Perdasdefogus o Sanpierdarena (potrebbe valere il viaggio).

Con l’occasione, vi regalo questi cazzotti senza impasto al finocchietto selvatico… da degustare senza delitto (la ricetta originale è QUI  )

Ingredienti:
  • 500 g. di farina 0
  • 2 g di lievito di birra
    1 cucchiaino di sale
    350 ml di acqua
  • 1 cucchiaio di olio
  • un cucchiaino di fiori di finocchietto selvatico essiccati
  • semola rimacinata per spolvero
Sciogliere il lievito in due dita di acqua.
In una bacinella grande mescolare la farina con il sale, i fiori di finocchietto e l’olio, aggiungere tutta l’acqua e quella con il lievito e mescolare velocemente con una forchetta.
Coprire con pellicola lasciare questo impasto grezzo e appiccicoso a riposare per circa 18/20 ore a temperatura ambiente (in estate ne bastano 12/15).
Dopo il riposo l’impasto si sarà alzato e riempito di bolle.
Rovesciarlo su un piano di lavoro infarinato e spolverarlo di farina.
Con una spatola dividere l’impasto in 7 pezzi e procedere alle 3 o 4 pieghe per ogni singolo pezzo: prendere un lembo di impasto, allungarlo verso l’esterno e poi ripiegarlo al centro, prendere un lembo opposto di impasto, tirarlo e ripiegarlo al centro, e fare lo stesso con un altro (o un paio se ci si riesce) lembo di impasto.
Disporre un canovaccio pulito su un vassoio o sul piano di lavoro, spolverare con semola rimacinata e mettere ogni panino con la parte delle pieghe a contatto del canovaccio (lo si prende con la spatola e lo si ribalta sul canovaccio). Spolverare ogni panino con della semola, coprire con un altro canovaccio e lasciare riposare un paio di ore.
Scaldare bene il forno e la leccarda a 230°. Velocemente ribaltare ogni panino sulla teglia calda in modo che le pieghe ritornino sopra e cuocere i panini per circa mezzora. Dopo 15/20 minuti abbassare il forno a 210° e disporre i panini sulla griglia.
Degustare ancora caldi con pancetta di suino Nero di Calabria.
degustare vert

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