Avrò avuto… boh, tre anni? So che andavo all’asilo, era il giorno della recita di Natale, io impersonavo la stella sulla punta dell’albero (!) che dall’alto osservava e raccontava ciò che succedeva. Però avevo poche battute e mi annoiavo, così quando uno dei “pacchetti regalo” andò in panico e si impappinò, io intervenni, recitando le sue battute e cambiando persino voce. Ci presi talmente gusto che iniziai a recitare anche le battute di tutti gli altri, (visto che con il martellamento di neuroni minorili subito per tre mesi avevo imparato anche quelle) sovrapponendo la mia voce alla loro. Risultato finale: il palco brulicante di bimbi piangenti e genitori consolanti che mi guardavano male, io fiera e orgogliosa al centro del palco, con la mia stellina in testa e mia madre che avrebbe voluto disconoscermi lì su due piedi.
Questa la leggenda, almeno così me l’hanno raccontata. Io dell’epoca ho ricordi molto vaghi; di certo non sono mai stata un tipo timido.
Al contrario, ho sempre amato comunicare, trasmettere, colloquiare, in ogni modo possibile. Che si tratti di insegnamento, di scrittura, di video, di recitazione, ho sperimentato e continuo ad utilizzare ogni forma di comunicazione.
Un lunghissimo preambolo per arrivare a parlare degli “Incontri silani“, la pluriennale rassegna letteraria ideata dalla mente geniale e visionaria del mio grande amico Egidio Bevilacqua, alla quale ogni anno sono invitata, come relatrice, quando si tratta di gastronomia, storia della cucina, eccellenze del territorio.
In questa occasione particolare mi trovai a presentare un libro sul cedro (QUI il video).
E proprio dal cedro ho preso ispirazione per la ricetta che vi propongo, per celebrare la giornata nazionale del cedro.
Panicielli di cedro (ispirati dal libro “Dall’oasi del cedro con amore invisibile” di Franco Galiano
Ne decantò le lodi addirittura D’Annunzio, nel 1916, nel suo “Leda senza cigno” : Gli invogli erano di forma quadrilunga come volumetti suggellati d’un solitario che avesse confuso felicemente la biblioteca e l’orto. Ci voleva l’unghia per rompere la prima buccia… L’unghia la rompe; le dita s’aprono e si tingono di sugo giallo, si ungono di non so che unguento solare. Pochi acini di uva appassita e incotta, , pochi acini umidi e quasi direi oliati di quell’olio indicibile ove nuota alcun occhio castagno ch’io mi so, pochi acini del grappolo della vite del sole appariscono premuti l’un contro l’altro, con un che di luminoso nel bruno, con un che di ardente senza fiamma, con un sapore che ci delizia prima di essere assaporato”
Per preparare i panicielli occorrono solo tre ingredienti, ma di qualità superlativa:
- Uva zibibbo
- Buccia di Cedro di Calabria
- Foglie di cedro
La ricetta storica prevedeva di lavare gli acini d’uva, ancora attaccati al grappolo, in acqua e cenere, poi lasciarli essiccare al sole.
La buccia di cedro veniva utilizzata fresca e tagliata a dadini.
L’uva essiccata e il cedro erano poi avvolti dalle foglie di cedro e chiusi con fili di ginestra, quindi cotti a lungo vicino alle braci del camino.
Il cedro rilasciava così il suo aroma e il suo fluido oleoso, che impregnava l’uva essiccata e l’ammorbidiva. Il risultato era, per l’appunto, da romanzo.
Oggi vengono preparati con l’uvetta sultanina ed il cedro candito e di certo non è più la stessa cosa. E’ comunque un modo per tramandare una tradizione che, altrimenti, si perderebbe.
Se vi va di provare, vi consiglio di avvicinarvi il più possibile alla vecchia preparazione: essiccare l’uva non è particolarmente complicato ed il cedro si può trovare fresco anche nella grande distribuzione. Più difficile è reperire le foglie, ma vanno bene anche quelle di limone, legando il tutto con comune spago da cucina.
Cuocete i panicielli in forno a 120 °C, fino a completa doratura delle foglie (almeno un’ora).