Nella prima parte della mia vita, gli unici carciofi con i quali mi sono trovata a tu per tu erano quelli sott’olio, sulla pizza quattro stagioni.
Poi la svolta: Firenze, università, scuola di cucina. Tra le prime lezioni, la pulizia dei carciofi (se vi torna utile, QUI trovate un tutorial).
Ok, pensai, li ho puliti anche abbastanza bene. E mò, che ci faccio?
Furono preparati in una miriadi di modalità diverse; fritti, impanati, impastellati, in umido, al forno, trifolati, a spicchi, a foglie, a fette, interi, farciti. Continua a leggere “Carciofi con salsa di capperi”→
Alici fritte in pastella, le loro codine malefiche e una serata da incubo al pronto soccorso.
Il mio pesciarolo mi aveva chiamata: “signò, l’alici grossi ‘i vuliti? Sù frischi frischi!” Come rispondere di no a tale delicato invito? Così prendo il mio bravo cartoccio, poi torno indietro con una perfetta piroetta che étoile lèvati: “ma come si puliscono?”.
Non mi ride in faccia perché è comunque un signore, ma io vorrei sprofondare. E vabbé, non le ho mai pulite, e allora? C’è una prima volta per tutto. Così mi mostra i due modi più semplici.
Metodo A, per pesci più piccoli da friggere appena infarinati: prendere la testa, ruotarla e tirare. Viene via tutto in un fiat. Una sciacquata e sono pronti.
Metodo B, se sono più grandi e volete utilizzarli impanati, o impastellati, o magari per un tortino: aprirli lungo il ventre (lui usa il dito, io ho usato un coltellino e ci ho messo il triplo del tempo), staccare la lisca dalla coda e tirare: viene via la testa con le interiora. Il risultato è questo:
E con questo, direi che la ricetta è bell’e fatta. Le ho passate in una pastella simil tempura, composta da 300 g di farina di riso, un pizzico di sale e 200 ml di birra chiara ghiacciata (la ricetta è di Csaba dalla Zorza).
Ho fritto le alici in pastella in olio di semi di girasole, e le ho mangiate al momento, scottandomi le dita e il palato, che si è istantaneamente anestetizzato. Al punto da non accorgermi di avere mangiato anche una malefica codina che mi si è piantata in gola.
Dopo una mezz’ora di tosse, un chilo di mollica di pane, due litri di acqua, alle soglie dell’asfissia, mi decido ad andare al pronto soccorso, dove asportano la codina con una pinza sottile e lunga mezzo metro, che solo a vederla avevo quasi deciso di passare alla storia come “la foodblogger con la codina”, peccato che non sarei stata qui a vedere la mia gloria.
Per cui, un consiglio: ricordate che la coda delle alici in pastella serve solo per tenerle mentre si mangiano con le mani, come impone il galateo casalingo.
Uova sode? Sembra la cosa più facile al mondo. Ma non lo è.
Basta un minuto in più o in meno ed il tuorlo può restare molliccio e semiliquido, o diventare verdognolo, o il guscio impossibile da staccare. La modalità di cottura ottimale, universalmente riconosciuta, è: immersione totale in acqua fredda, e poi 9 minuti dal bollore. Dopodiché, si possono farcire così:
4 uova sode,
una scatoletta di tonno da 80 gr.,
5/6 acciughe sott’olio,
una manciata di capperi sott’aceto.
Tagliare a metà, per il lungo, le uova.
Asportare delicatamente il tuorlo.
Mettere nel mixer il tonno con il suo olio di conservazione, le acciughe, i capperi ed i tuorli.
Frullare fino a ridurre il tutto in crema.
Farcire le uova con la crema ottenuta, utilizzando una siringa da pasticceria.
Guarnire a piacere e servire le uova sode ripiene accompagnate da fiocchi di prosciutto crudo o su foglie di insalata verde.
Tipicamente romane, le puntarelle alle acciughe sono ormai universalmente conosciute, per la loro bontà e freschezza.
Se ne parla diffusamente in un interessante articolo sul Calendario del cibo Italiano, nella giornata al loro dedicata.
Le puntarelle sono i germogli centrali della cicoria catalogna; quelli più piccoli e bianchi, croccanti e tenerissimi, sono ottimi consumati crudi in insalata, mentre quelli appena più esterni, lunghi e bianco-verdi, possono essere utilizzati in varie ricette, come quella che vi propongo, semplicissima da preparare e molto versatile, variante cotta della nota preparazione con il condimento a crudo.
Ci occorreranno, per preparare un contorno per 4 persone:
500 g di puntarelle pulite
quattro cucchiai di olio extra vergine di oliva
due spicchi di aglio
un peperoncino piccante
4/5 acciughe sotto sale, oppure una scatola di acciughe sott’olio, ben scolate
Una volta pulite e ridotte in listarelle sottilissime le puntarelle, con l’apposito attrezzo, o con un coltellino affilato e tanta pazienza, le mettiamo a bagno in acqua ghiacciata: questo le farà arricciare, dando loro il caratteristico aspetto.
Prepariamo un soffritto con olio e due spicchi di aglio scamiciati e tritati. Se piace il tocco piccante, ci sta benissimo anche un peperoncino.
Poi facciamo sciogliere nell’olio le acciughe dissalate a lungo sotto acqua corrente (se utilizzate quelle in scatola, potete saltare questa fase), e mettiamo ad insaporite le puntarelle, ben scolate.
Aggiungiamo un paio di bicchieri di acqua, copriamo con il coperchio e lasciamo cuocere per una mezzora.
Ecco pronto un contorno gustoso e saporitissimo. Se accompagnato da due belle fette di pane abbrustolito, può diventare un piatto unico. Provate anche ad utilizzare le puntarelle alle acciughe per condire la pasta, otterrete un primo piatto nutriente e completo.
Gustoso piatto freddo da buffet, ottimo antipasto, saporito contorno per un secondo leggero: sono i peperoni alle acciughe
Preparati così non sono proprio dietetici, anche se ho evitato la frittura, che sarebbe d’obbligo.
In genere raccolgo quelli verdi, di forma allungata, detti “friggitelli” o “di Nocera”.
Li arrostisco in forno o alla piastra, li spello, li sfilaccio.
Soffriggo in olio d’oliva due spicchi d’aglio (che poi schiaccio e tolgo), vi sciolgo qualche acciuga (meglio quelle sotto sale, ben risciacquate, ma vanno bene anche quelle in scatola).
Vi sbriciolo un pugno di mollica rafferma e la faccio insaporire.
All’ultimo momento aggiungo un pizzico di prezzemolo.
Spargo sui peperoni sfilettati, un giro di olio crudo e via.