Le cozze utilizzate in questa preparazione arrivano direttamente dal pescivendolo (lui vuol essere chiamato “pesciarolo”) che ogni tanto mi telefona, da bravo spacciatore, quando ha roba buona.
Insieme ad un chilo di alici e un polpo che si muove ancora.
La ricetta, invece, l’ho presa da un delizioso libro che mi hanno appena regalato e che si intitola “Papale papale – ricette che salvano l’anima“.
L’autore è Fabio Picchi, chef del Cibreo di Firenze. Il libro sembra quasi un breviario: le ricette sono intervallate da canti, poesie, odi e preghiere, regalando al cibo una sacralità inaspettata, ma sfiorando, in alcuni aspetti, il sacrilegio.

Bello il costante richiamo agli elementi e la semplicità “conventuale” delle ricette. Nulla di troppo elaborato, nessun ingrediente ricercato, e i piatti sono comunque gustosi e genuini, e spesso suscitano golose salivazioni.
Da questo libro ho preso la ricetta delle cozze ripiene, che vi riporto così com’è.

“La pratica e l’esperienza vi porteranno vicino alla perfezione, insegnandovi che nel fare con generosità vi è sempre una bella ricompensa emotiva.
Puliti che avrete i muscoli, apriteli rapidamente in un largo tegame sul cui fondo ci saranno un paio di centimetri d’acqua, risultato del veloce passaggio fatto sotto l’acqua fredda in cui li avrete lavati per un’ennesima ultima volta.
Tappandoli con un buon coperchio, in pochi minuti si apriranno.
In un’insalatiera – adesso mi riferisco a un chilo di cozze, ma ognuno dovrà farsi la sua esperienza per i giusti dosaggi – mettete un etto di un buon pangrattato, 75 g di buon olio, il succo di mezzo limone, 2 spicchi d’aglio tritati, un cucchiaio di prezzemolo molto tritato, una piccola presa di origano, più una dose grande di pepe nero e di peperoncino a piacimento. Sale quanto basta.
Con questo umido impasto, riempirete tutte le cozze coprendo completamente il muscolo.
Allineate tutte le cozze dentro una bassa teglia da forno e usate un potente grill per far colorare rapidamente il pangrattato.
La delizia di questo piatto farà sì che, nel pensarmi, mi dedicherete una vostra preghiera o, se laici, un augurio, ma va bene anche un sorriso”.
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