La fonduta valdostana, che oggi si ricorda nel Calendario del cibo italiano, grazie allo splendido articolo di Tiziana Bontempi del blog “Profumo di broccoli“, a Pellegrino Artusi non piaceva granchè.
Sulla fonduta valdostana, che lui chiama “cacimperio” si dichiarava in disaccordo con Brillat Savarin, che ne tesseva le lodi nella sua Physiologie du gôut.
O almeno, non lo considerava un gran piatto, se non “come principio un una colazione o per ripiego quando manca di meglio“.
Io invece adoro la fonduta. Sarà che le mie origini piemontesi ogni tanto si risvegliano, sarà che amo la fontina o sarà che farei il bagno in tutto ciò che è salsa, cremina o intingolo al formaggio, ma non la definirei certo un ripiego.
Non la preparo spesso perché non è esattamente un piatto che si possa definire “dietetico” o “salutistico”, ma se è vero che semel in anno licet insavire, direi proprio che oggi è la giornata giusta.
La ricetta è esattamente quella dell’Artusi, a lui fornita da amici torinesi, e la ricopio pari pari.
Aggiungo, per i dubbiosi, che i miei amici valdostani DOC la fanno proprio così.
Il riferimento al gruyère avvalora l’ipotesi dell’origine svizzera della ricetta, ancora oggi non del tutto accertata.
Ingredienti per 6 persone:
- Fontina, netta dalla corteccia, grammi 400
- Burro, grammi 80
- Rossi d’uovo, N. 4
- Latte, quanto basta
La fontina è un formaggio poco dissimile dal gruiera, ma alquanto più grasso.
Tagliatelo a piccoli dadi e tenetelo per due ore in infusione nel latte.
Mettete il burro al fuoco e quando avrà preso colore versateci la fontina, ma del latte, ove è stata in molle, lasciatecene due sole cucchiaiate.
Lavoratela molto col mestolo senza farla bollire e quando il formaggio sarà tutto sciolto ritiratela dal fuoco per aggiungervi i rossi.
Rimettetela per un poco sul fuoco rimestandola ancora.

A questo punto l’Artusi suggerisce l’aggiunta, che condivido appieno, di fettine sottilissime di tartufo bianco. Non avendone sempre a disposizione, mi accontento di tartufo nero o una bella spolverata di pepe nero.
La servo nelle apposite ciotoline riscaldate, e a questo punto si va di dadini di pane, cubetti di polenta, gnocchi di patate, tutto ciò che la vostra golosa fantasia vi suggerirà di intingervi.