Tortelli di fegatini con riduzione al miele e fiori di acacia croccanti

Quest’anno, causa reclusione da coronavirus, la primavera mi è sfuggita sotto il naso e non sono riuscita a fermarla.

In questa meravigliosa oasi calabrese, la primavera arriva molto presto e a maggio, quando ho ricominciato a mettere cautamente piede fuori casa, l’acacia era già, ahimé, sfiorita.

Però l’altro ieri ho fatto una capatina in Sila, nella casetta di montagna, per controllare che fosse tutto a posto. E lì la primavera è adesso. A 1200 mt. le acacie faticano a reggere la fioritura, così come i sambuchi e i susini selvatici. Ecco, devo dire che tutto ciò mi ha dato la conferma di quanto noi esseri umani siamo inutili e, anzi, dannosi. Continua a leggere “Tortelli di fegatini con riduzione al miele e fiori di acacia croccanti”

Panino svuotafrigo venetopugliese

Preparare un panino svuotafrigo, quindi con quello che c’è dietro lo sportello, non è poi così semplice.

Sarebbe molto più semplice inventarsi una ricetta ex-novo e andare a fare la spesa; ma dove sarebbe il bello della sfida?

L’Acetaia Guerzoni ha lanciato il guanto, con l’invio dei suoi aromatici prodotti, e io raccolgo. Ho un’idea molto vaga di quello che ho in frigo. L’unica cosa che so per certo è che utilizzerò l’aceto Bianco Bio Demeter oppure la Crema con Aceto Balsamico di Modena Bio Demeter IGP; dipende da cosa troverò all’apertura dell’anta magica…

Il frigo è abbastanza pieno perché ho preparato un buffet per una prima comunione, per cui mi ritrovo uova, burro, latte a volontà; yogurt, mozzarella e formaggi di vario tipo; pomodori, porri e lampascioni; rucola e songino; fegatini di pollo e prosciutto. Ed il mio attivissimo lievito madre.

Da tutto questo ho ricavato il mio panino svuotafrigo venetopugliese, con fegatini cotti sottovuoto e lampascioni caramellati.

Per il panino:

  • 60 g di lievito madre attivo, idratato al 50%
  • 210 g di semola di grano duro
  • 140 ml di acqua
  • un cucchiaino di malto d’orzo
  • un pizzico di sale

Sciogliere il lievito madre nell’acqua, impastare con gli altri ingredienti aggiungendo il sale per ultimo.

Formare una palla e lasciare lievitare, coperto da un canovaccio, per due ore in luogo tiepido (l’ideale è il forno con la luce interna accesa).

Riprendere l’impasto, stenderlo con le mani e ripiegare più volte i lembi esterni verso il centro. Formare nuovamente una palla e lasciare riposare per mezz’ora.

Dividere l’impasto in quattro pezzi, stenderli appiattendoli delicatamente, posizionarli sulla teglia ricoperta da carta forno e mettere nuovamente a lievitare fino al raddoppio.

Infornare a 200° per 35/40 minuti.

Per i lampascioni caramellati:

Pulire i lampascioni, tagliarli a metà e lessarli per 15 minuti in acqua bollente salata.

Sciogliere in un tegame il burro e lo zucchero e versarvi i lampascioni, rigirandoli delicatamente.

Sfumare in più riprese con la crema con aceto balsamico fino a quando lo sciroppo si sarà ridotto.

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Scolare i lampascioni e tenere lo sciroppo da parte.

Per i fegatini:

  • 400 g di fegatini di pollo
  • un trito di erbe e aromi (origano, maggiorana, rosmarino, pepe, sale, timo, alloro)
  • un cucchiaio di olio extra vergine di oliva

Rosolare velocemente i fegatini nell’olio, poi cospargerli con il trito aromatico, metterli in una busta per sottovuoto, aspirare l’aria e sigillare con l’apposita macchina.

Immergere la busta in acqua a 65° e lasciare cuocere lentamente per 40 minuti, controllando che la temperatura non si alzi oltre i 70°.

Composizione del panino svuotafrigo:

Tagliare il panino a metà e bagnare la parte inferiore con lo sciroppo dei lampascioni.

Condire qualche foglia di songino con olio e sale e disporle sul mezzo panino.

Sovrapporre i fegatini tagliati a fette.

Aggiungere qualche fettina di pomodoro ciliegino e, in ultimo, i lampascioni caramellati.

E, dato che il fegato con le cipolle è un piatto tipicamente veneto, mentre i lampascioni sono molto apprezzati in Puglia, ne deriva una panino svuotafrigo venetopugliese.

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Con questo panino svuotafrigo partecipo al contest di Acetaia Guerzoni

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Pici con ragù di fegatini in crema di castagne al tartufino del Mugello

Non avrei mai pensato di essere annoverata tra i “tipi da pici”.

Ma quando l’AIFB, che propone sempre iniziative appetitose ed irrinunciabili, ha comunicato questo contest, ho deciso di rispolverare le mie ascendenze toscane e lanciarmi.

In fondo, con la pasta fatta in casa mi arrangio abbastanza bene. Ho una certa esperienza in maccheroni al ferretto e tutto sommato anche lì si tratta di arrotolare. L’impasto è simile, senza uovo, un pizzico di semola. Facile, no? Seeeeeee….

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Si, insomma, dopo i primi tentativi falliti e la vittoria sull’impulso di gettare tutto quanto l’impasto fuori dal balcone, alla fine ho “appiciato” anch’io. Ora si trattava di trovare il condimento giusto.

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Chiudendo gli occhi e ripensando agli anni trascorsi in Toscana, ho rispolverato sapori, profumi, colori in fondo mai dimenticati. Il castagnaccio: l’unico simil-dolce che apprezzavo, non amando cibi troppo zuccherini. I crostini ai fegatini: quanti ne ho divorati! Il profumo intenso del tartufo, che ho ritrovato con gioia qui in Sila. La maestosa pianta d’alloro al centro dell’uliveto della zia…

Ingredienti

La mente si è soffermata su questi ingredienti ed ho capito che ne avrei fatto un piatto. Questo è il risultato:

Pici con ragù di fegatini in crema di castagne al Tartufino del Mugello

Ingredienti per i pici (4 persone)

  • 200 gr. di farina 00
  • 150 gr. di semola rimacinata
  • 1 cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
  • un cucchiaino di sale
  • acqua q.b.

Ingredienti per il ragù di fegatini:

  • 300 gr. di fegatini di pollo
  • 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • 4 foglie di alloro
  • un pizzico di sale
  • un pizzico di pepe nero
  • due cucchiai di latte

Ingredienti per la crema:

  • 400 gr. di castagne fresche, o secche
  • 200 gr. di formaggio tartufino del Mugello grattugiato (Fattoria Palagiaccio)
  • mezzo litro di latte

Impastare le farine con l’olio, il sale e acqua quanto basta ad ottenere un impasto morbido, ma non appiccicoso.

Ricavarne delle sfoglie con l’apposita macchina, o con il mattarello, spesse un paio di millimetri e della larghezza di una tagliatella.

Arrotolare su se stesse le strisce per il lungo e, nel contempo, stirarle allungandole. Dovranno essere piuttosto sottili perché cresceranno in cottura.

Lasciare asciugare sulla spianatoia; nel frattempo preparare il ragù di fegatini.

Tritare grossolanamente i fegatini e soffriggerli nell’olio con le foglie di alloro. Aggiungere poco latte e lasciare asciugare.

Unire sale e pepe.

Mentre il ragù finisce di cuocere, lessare le castagne nel latte rimanente.

Passare le castagne al setaccio e aggiungere il tartufino del Mugello grattugiato finchè sono ancora calde.

Amalgamare bene aiutandosi, se necessario, con poco latte.

Intanto, cuocere i pici in acqua salata bollente (basteranno pochi minuti), scolarli e metterli nel tegame con il ragù di fegatini, rimescolando bene sul fuoco per un minuto.

Versare nel piatto la crema di castagne e tartufino, e posizionarvi sopra i pici con una cucchiaiata di ragù.

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Chiudete gli occhi e sognate le verdi colline toscane…

 

 

 

 

Ile flottante salata di fegatini al tartufino del Mugello e fior di broccolo

Dopo aver realizzato la versione dolce (QUI), non potevo esimermi dall’esperimento di un’ile flottante salata.

L’occasione è arrivata grazie all’azienda Palagiaccio di Scarperia (FI), che dal XIII secolo rappresenta la storia e la tradizione dell’allevamento per la produzione del latte in Toscana.

Nell’ambito dell’iniziativa Lattidamangiare, il Palagiaccio mi ha fatto generosamente omaggio dei suoi prodotti, ed il Tartufino del Mugello, formaggio a pasta liscia e compatta con l’aggiunta di scorze di tartufo pregiato delle colline toscane, sembrava fatto apposta per accompagnare, con il suo aroma, il lieve retrogusto amarognolo del broccolo e la rustica croccantezza del crumble di fegatini.

Un piatto che ha riscosso un grande successo e che vi presento, sperando che piaccia anche a voi.

Ingredienti per 4 persone:

  • mezzo chilo di fegatini di pollo
  • una cipolla bianca
  • una noce di burro
  • poco olio extra vergine d’oliva
  • due fette di pane raffermo
  • mezzo litro di latte
  • 300 gr. di Tartufino del Mugello Palagiaccio
  • 8/10 albumi
  • 300 gr. di broccoli
  • sale, pepe, qualche goccia di aceto bianco

Il crumble di pane e fegatini:

Togliere la crosta al pane raffermo e sbriciolare la mollica, non troppo finemente.

Tritare i fegatini.

Pulire e sminuzzare finemente la cipolla e farla appassire nell’olio ben caldo, poi toglierla.

Aggiungere all’olio i fegatini e rosolarli insieme al pane fino a quando diventano ben croccanti.

Salare, pepare ad unire il burro, amalgamando bene.

Non appena il burro sarà sciolto, spegnere il fuoco, lasciare intiepidire, poi sistemare in quattro coppapasta rotondi, al centro dei piatti.

La crema di Tartufino e broccoli:

Tritare, o grattugiare il Tartufino e lasciarlo riposare bagnandolo con due cucchiai di latte.

Lessare i broccoli, ben puliti, in acqua leggermente salata.

Scolarli e tenerli da parte. fino a raffreddamento.

Sciogliere a fuoco lentissimo il Tartufino in un pentolino con il latte di ammollo, aggiungere i broccoli lessati e frullare il tutto, fino ad ottenere una crema.

Le “nuvole” di albumi salate:

Montare a neve ben ferma gli albumi con una goccia di aceto, all’ultimo momento unire un pizzico di sale.

Portare a bollore il latte rimasto e, con l’aiuto di due cucchiai, formare delle “nuvole” di albumi.

Immergerle nel latte bollente per 5/6 minuti.

Composizione:

Togliere delicatamente i coppapasta, circondare le “isole” con la crema, poi sistemarvi sopra le “nuvole”. Guarnire con gli alberelli di broccoli.

 

 

 

 

 

Vellutata di zucca di Anna Maria Pellegrino – un gioco ad incastro

In realtà non vi racconterò la ricetta della vellutata di zucca, bensì la mia avventura gastronomica con un piatto che, da banale, diventa di haute cuisine, se a metterci le mani, la genialità e la professionalità, è una che se ne intende!.

Premessa: nel fine settimana appena trascorso, si è tenuto a Siena, la magica città del Palio, dei tetti e dei vicoletti (e della pavimentazione scoscesa, nemica di tacchi e caviglie, ma questa è un’altra storia), il primo raduno dell’Associazione Italiana Food Blogger, alla quale mi vanto di appartenere.

Di questo raduno vi parlerò diffusamente in un altro articolo; per il momento mi limiterò a dirvi che la sera del venerdì si è tenuta, nella sede storica del Consorzio Agrario di Siena, (uno stupendo palazzo del 1935), un’amichevole “sfida culinaria” tra la presidente dell’Associazione, Anna Maria Pellegrino, e lo chef toscano Filippo Saporito, titolare del ristorante “La leggenda dei Frati” di Castellina in Chianti.

Tre piatti a testa in gara, tutti con una loro storia da raccontare ed una loro particolarità. Perché mi ha colpita la vellutata di zucca? Ve lo spiego subito.

La zucca non mi dispiace, in fondo, in tante preparazioni. Però l’ho sempre trovata… banale, forse è il termine giusto. Bella, senza dubbio, con quel suo colore vivo e solare, ma inconsistente, dal gusto poco deciso. Anzi, la vellutata a me dava l’idea di mensa ospedaliera. E così, l’ho sempre miscelata agli aromi più improbabili, per toglierle il gusto “zuccoso” e farla diventare tutt’altro, con risultati non sempre piacevoli.

Un altro punto a sfavore di questo piatto, era la quenelle di fegatini posata lì al centro. Io odio i fegatini. Il solo odore mi fa scappare, di solito. Però, mi son detta: hai affrontato un viaggio degno di Phileas Fogg da Cosenza a Siena, non proprio ottanta giorni, ma poco ci manca, per poi fuggire davanti ad una polpettina? Giammai. Resto salda al mio posto, ed affronto eroicamente l’ardua prova. Assaggio la vellutata: sa di zafferano. Bella forza: c’è. Si, ma sento solo quello. No, aspetta, c’è un pizzicorino, forse zenzero? Un’altra cucchiaiata: una punta di… cos’è, sembra liquirizia. Sì, è liquirizia. Che ci fa con la zucca? Vado avanti. Nel palato zafferano, zenzero e liquirizia cercano di sopraffarsi, ma nessuno dei tre la spunta. E mentre le papille sono distratte dalla lotta, arriva la terza cucchiaiata, ed un sapore improvvisamente prepotente che prevale sugli altri due e si esprime in tutta la sua dolce morbidezza. Largo, io sono la zucca. La regina del piatto. Capisco, in un lampo, cosa vuol dire “ingrediente principale”. E’ la zucca che la fa da padrona: gli altri sono valletti che la portano in trionfo. Ecco la lezione importante: invece di mascherare un gusto, lo si può esaltare, con un corretto bilanciamento di ingredienti ed aromi.

Però, mi dico è comunque dolciastra. Lo zafferano non è amaro, lo zenzero pizzica appena un poco, la liquirizia aggiunge dolcezza. Mi sa che mi sono persa qualcosa. Un altro atto di eroismo: con la quarta cucchiaiata raccolgo una puntina di quenelle e mi è tutto chiaro. La ricetta è completa e perfetta. Lì c’è il particolare che mi mancava. L’esatto opposto. La punta di amarognolo e pastoso che non c’era. E tutto si incastra alla perfezione.

Capite perché questa portata mi ha colpita in maniera così profonda? C’è tutto uno studio dietro: cosa può valorizzare un gusto, cosa lo esalta, cosa lo contrasta, come fare di un ingrediente quello principale. Come far piacere qualcosa che non piace. E questa è davvero una grande vittoria.

Nel raduno appena concluso ho imparato tante cose. Una è che ho ancora tantissima strada da fare. Un’altra è che almeno la direzione è quella giusta. Grazie AIFB!