Capirotada – dolce tradizionale messicano

Capirotada

La capirotada è un budino di pane che in Messico si prepara, tradizionalmente, il venerdì santo.

E’ molto semplice da preparare; la sua particolarità è l’utilizzo di un formaggio saporito il “cotija“, che mi lasciava un attimo perplessa.

Ma non ho voluto stravolgere del tutto la ricetta e ho utilizzato un caciocavallo stagionato che come tipologia si avvicina molto all’originale.

Capirotada

Capirotada messicana

  • 15 fette di pane tostato
  • 500 g di brown sugar
  • 750 ml di acqua
  • 1 stecca di cannella
  • 1 cucchiaino di anice stellato
  • 1 buccia di limone grattugiata
  • 250 ml di latte
  • 150 g di formaggio cotija grattugiato (sostituito con caciocavallo DOP stagionato)
  • 1 tazza di noci tritate
  • 100 g di uvetta
  • 1 tazza di arachidi sbucciate

Forno preriscaldato a 200°C

Preparazione: In una pentola unite il brown sugar con l’acqua, la cannella, l’anice e la buccia di limone; cuocere a fuoco medio e mescolare costantemente fino ad ottenere un miele leggero.

Aggiungete il latte e amalgamate. Immergete le fette di pane nel miele e disponetele in uno stampo, preferibilmente di terracotta, in modo che il fondo sia coperto.

Sovrapponete vari strati di pane fino a riempire la teglia.

Cospargete con il formaggio, le noci, le uvetta e le arachidi, ripetendo l’operazione fino a terminare gli ingredienti.

Irrorate la capirotada con il miele rimanente, coprite lo stampo con carta alluminio e cuocete per 25 minuti.

Servite tiepida e decorate con la cannella cotta nel miele.

Capirotada

Ricetta realizzata per MTChallenge.

Gubana, il pane dolce del Friuli

Gubana

La gubana è un pane dolce tradizionale del Friuli Venezia Giulia che è una regione che non conosco molto bene -ci sarò stata due o tre volte-  però mi attira e mi incuriosisce da quando ero bambina.

Dovete sapere che alle scuole elementari ero già una grande rompiscatole e quando iniziammo a studiare la geografia e i nomi delle regioni italiane, una delle mie prime domande fu: “perché si chiama Friuli Venezia Giulia se Venezia non é lì?” così, tanto per capire l’elemento.

Leggenda narra che la maestra (allora ne avevamo una sola, multitasking) sia andata in panico e non abbia saputo dare una risposta convincente. Tra l’altro sangugol non esisteva e gli altri santi non erano molto di aiuto.

Il sussidiario, uno dei due libri di cui eravamo forniti (l’altro era di lettura), non riportava notizie in merito, così la situazione si fece complicata.

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Petrali, viaggi da incubo e i treni di una volta

Petrali

Quando viaggiavo da e per Firenze, negli anni dell’Università, esistevano quattro categorie di treni: locale, diretto, espresso e rapido, poi sostituito dal mitico TEE, il Trans Europe Express che nell’immaginario era una sorta di Orient Express de noantri. Continua a leggere “Petrali, viaggi da incubo e i treni di una volta”

Calice ‘mpigliato: moderna tradizione del Natale calabrese

Un calice per servire la tradizionale pitta ‘mpigliata calabrese.

Un’idea forse un tantino bizzarra, ma si sa che modernizzare le tradizioni, rispettandone le basi storiche e gli ingredienti, è una delle attività gastronomiche che più mi diverte.

L’occasione è arrivata con CalabriaCult, un sito informativo che parla di tutto ciò che di bello e buono c’è nella mia adorata Terra, e vi assicuro che c’è da raccontare per anni. Continua a leggere “Calice ‘mpigliato: moderna tradizione del Natale calabrese”

Intrecci salati con frutta secca

Intrecci misteriosi, come trame di romanzi, dove si incontrano personaggi apparentemente distanti tra loro, che il caso porta ad unirsi creando storie memorabili.

Se poi gli intrecci avvengono in cucina e riguardano ingredienti gustosi ed aromatici, è un libro da leggere, anzi, da divorare letteralmente.

E’ il caso degli impasti salati che sposano ingredienti apparentemente dolci, ma versatili ed adattabili, come la frutta secca.

Pistacchi e mandorle, ad esempio, utilizzati alla grande in pasticceria, sono invitanti stuzzichini salati. E che dire di nocciole e noci? Torte, pasticcini e biscotti, ma presenti in condimenti e sughi per primi e secondi piatti.

Ecco, quindi, un’altra ricetta per sfruttare al meglio le potenzialità della frutta secca, ricca, peraltro, di componenti benefiche per la nostra salute: abbassano il colesterolo e sono ricche di fitosteroli, utili a contrastare le malattie cardiovascolari.

Attenzione alle calorie: sono tante. Però è anche vero che un intreccio ogni tanto è concesso a  chiunque. Ecco quindi la ricetta.

Ingredienti:

  • 150 g di lievito madre rinfrescato da qualche ora (idratazione 50%)
  • 300 g di semola rimacinata di grano duro
  • 100 g di farina 0
  • 100 g di strutto
  • 1o g di zucchero
  • 15 g di sale
  • 320 g di acqua
  • 100 g di frutta secca mista tostata e tritata

Procedimento:

Sciogliete il lievito madre in metà acqua con lo zucchero.

Unite le farine setacciate ed amalgamate, alternandole alla restante acqua.

Aggiungete il sale e lo strutto, continuando ad impastare.

In ultimo, unite la frutta secca.

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Lasciate riposare l’impasto per una mezz’ora circa, poi formate dei rotolini dello spessore di un mignolo e lunghi circa 15 cm.

Uniteli a due a due, intrecciateli tra di loro e chiudeteli a formare delle ciambelle.

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Lasciatele lievitare sulla teglia coperta di carta forno per 3/4 ore.

Infornate a 180° per un’ora circa.

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Salame di fichi secchi al miele

Il fico è una grande ricchezza locale: gli alberi crescono rigogliosi ovunque, ed i loro dolcissimi frutti sono alla portata di chiunque allunghi la mano a raccoglierli.

Il salame di fichi secchi al miele è, come tante altre preparazioni a base di frutta secca, molto diffuso in Calabria.

Tra l’altro, il  fico dottato cosentino è etichettato D.O.P., e delle sue qualità racconta anche l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi“.

Con i fichi, ed altri frutti di cui questa Terra è generosa, si preparano dolci squisiti, come questo salame di fichi che vi propongo:

Per l’involucro:

  • 250 gr. di farina 00
  • mezzo cucchiaino di lievito per dolci
  • 100 ml. di olio evo
  • altrettanto vino moscato
  • un uovo
  • un cucchiaino di zucchero
  • un pizzico di sale
  • scorza di limone grattugiata
  • poco latte per spennellare

Per il ripieno:

  • 150 gr. di fichi secchi
  • 50 gr. di gherigli di noci
  • 50 gr. di miele di fichi
  • 50 gr. di arance candite

Un’annotazione sul miele di fichi: si tratta di un prodotto tipicamente calabrese, che si ottiene dalla lunghissima cottura dei fichi, con l’aggiunta di poca acqua, fino ad ottenere uno sciroppo della densità del miele. In alternativa si può utilizzare del miele di agrumi o di acacia.

Intiepidire appena l’olio ed il vino, poi impastare con la farina precedentemente setacciata con il lievito.

Aggiungere all’impasto l’uovo sbattuto leggermente con lo zucchero, ed in ultimo unire il pizzico di sale.

Amalgamare bene il tutto, raccogliere l’impasto a palla e lasciare riposare per mezz’ora, coperto da un canovaccio.

Tritare le noci, i canditi ed i fichi ed amalgamarli al miele leggermente riscaldato per renderlo più fluido.

Stendere l’impasto a rettangolo molto sottile e farcirlo con il ripieno preparato.

Arrotolare il salame di fichi su se stesso dal lato lungo, spennellarlo con poco latte ed infornare a 180° per 30 minuti.

La ricetta del salame di fichi è stata pubblicata sulla rivista “Cotto e Mangiato” di settembre 2015
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Pitta mpigliata

La pitta mpigliata sarebbe un dolce natalizio, ma a noi piace così tanto, che lo preparo tutto l’anno

Con un tazza di cioccolata calda d’inverno, o con un the freddo d’estate, è un dolce da merenda adatto a tutte le stagioni.
Per la pasta:

  • 1 bicchiere di olio extra vergine di oliva,
  • 1 bicchiere di moscato,
  • 2 uova,
  • ½ kg. di farina,
  • ½ bustina di lievito per dolci.

Per il ripieno:

  • 250 gr. di frutta secca tritata (noci, nocciole, pinoli, mandorle, fichi),
  • 100 gr. di uva passa ammollata,
  • 250 gr. di miele,
  • un pizzico di cannella,
  • qualche chiodo di garofano,
  • zucchero se si preferisce più dolce.

Intiepidire l’olio e il vino, aggiungere le uova e la farina setacciata con il lievito. Si deve ottenere un impasto piuttosto sodo da lasciare riposare coperto per un paio d’ore.

Intanto preparare il ripieno amalgamando la frutta secca tritata al miele sciolto in un pentolino con la cannella e i chiodi di garofano polverizzati nel mortaio.

Stendere l’impasto per ottenere una striscia rettangolare piuttosto lunga (l’ideale è usare la “nonnapapera”).

Farcire la striscia con il ripieno preparato e arrotolarla per il lungo.

Tagliare il rotolo a metà (il procedimento è simile a quello dell’Angelica) e avvolgerlo su se stesso a spirale, lasciando la parte aperta verso l’alto. Sistemare la spirale nello stampo e cuocere a 180° per 1 ora e ½.

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“Dal latino “picta”, dipinta, la pitta mpigliata in origine era una focaccia decorata che veniva offerta dalle antiche genti italiche alle divinità femminili durante le feste e i rituali che si celebravano nei templi.

Questi pani di forma sferica, dipinti con figure e immagini inneggianti alla natura (es. spighe), vennero inglobati nella tradizione cristiana assieme agli antichi siti pagani trasformati in luoghi di culto della Madonna. La Pitta ‘mpigliata, divenne successivamente un dolce nuziale, come confermerebbe questo contratto di nozze del 1728: “… a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranzo dovrà affaire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta”. Ancora oggi alcuni pranzi di matrimonio terminano con la pitta mpigliata, anche se è diventato d’uso consumarla per il Natale. Legata in particolar modo al territorio di Cosenza si prepara con i frutti raccolti in autunno, quali noci, mandorle, pinoli, uvetta, fichi secchi. L’esecuzione della Pitta richiede maestria e fantasia, infatti questo dolce può assumere numerose varianti morfologiche, fra le più famose quella a forma di fiore o di ferro di cavallo. Il termine ’mpigliata deriverebbe dalla fase di preparazione del dolce in cui la sua sfoglia è arrotolata e racchiusa in se stessa.” (http://www.taccuinistorici.it/)