Tagliate la parte superiore della pagnotta ed eliminate la mollica.
In una padella larga, sciogliete il burro a fuoco medio. Cuocete le cipolle per 12-15 minuti, mescolando di tanto in tanto.
Aggiungete lo sciroppo d’acero nella padella. Continuate la cottura per 5-7 minuti, mescolando regolarmente, finché le cipolle non saranno caramellate. Allontanate dal calore e lasciate raffreddare.
In una ciotola capiente sbattete le uova con la panna e la farina. Aggiungete le cipolle, l’erba cipollina e metà del formaggio cheddar. Salate, pepate e mescolate.
Versate il composto di uova nella pagnotta. Coprite con il resto del formaggio.
Mettete la pagnotta su una teglia. Cuocete da 45 a 50 minuti, fino a quando le uova si saranno rapprese.
Mescolate la farina e un cucchiaino colmo di sale in una ciotola. Spezzettate il lievito di birra nel latte a temperatura ambiente, aggiungete lo zucchero e mescolate finché non si scioglie. Unitelo alla farina insieme a 40 g di burro e lavorate fino a ottenere un impasto liscio. Coprite e fate riposare in luogo caldo per 45 minuti, o finché il volume non sia raddoppiato.
Nel frattempo lavate l’aglio orsino e asciugatelo bene. Tritate finemente le foglioline e unitele al burro rimasto insieme a una presa di sale, mescolando energicamente con una forchetta.
Rivestite lo stampo con carta forno.
Ribaltate l’impasto sulla spianatoia, lavoratelo di nuovo con le mani e stendetelo con il mattarello in un rettangolo di circa 50 x 40 cm, su cui spalmerete il burro all’aglio orsino. A questo punto tagliate l’impasto per il lungo in cinque strisce. Ripiegate ogni striscia su se stessa a mo’ di fisarmonica, sistematele nello stampo in verticale e lasciate lievitare per circa mezz’ora.
Preriscaldate il forno a 190 °C.
Infornate il pane sul ripiano inferiore e cuocete per 45-50 minuti fino alla formazione di una bella crosticina; se necessario, coprite con un foglio di alluminio, per evitare che si scurisca troppo. Una volta cotto, estraetelo dallo stampo aiutandovi con i lembi della carta da forno. Potete gustarlo tiepido oppure freddo.
“Il castello di Pizzo Calabro era nato come roccaforte per la difesa della costa e l’avvistamento del nemico. Fu poi utilizzato come fortezza ove venivano rinchiusi i prigionieri: da lì passarono nomi personaggi illustri come Tommaso Campanella, il conte di Cagliostro, Gioacchino Murat.
Ma leggenda vuole che vi risiedesse anche, in volontaria reclusione, una principessa di stirpe Castigliana.
Bianca non era la principessa delle favole; non era bella, non era affascinante. Era nata albina e con arti deformi. E il destino ancor più si accanì contro di lei facendola cadere, quando mosse i suoi primi, incerti passi, nel braciere che le ustionò il viso, lasciandole orrende cicatrici.
Per i primi anni della sua vita ogni tanto veniva condotta in giro, chiusa nella carrozza e con il volto coperto. Fino a quando decise di isolarsi per sempre dal mondo e rinchiudersi in una piccola ala del castello di Pizzo, che divenne la sua dimora.
Io odio gli avanzi. Non sopporto l’idea di buttare via il cibo, di qualunque origine e specie.
Così ho sempre cercato di riciclare il più possibile, soprattutto gli scarti di frutta e verdura, che sono sempre i più “corposi”.
Gambi, torsoli, bucce, semi, noccioli; tutto riutilizzato per fare confetture, liquori, minestroni.
Il problema è sempre stato la conservazione: avevo due congelatori stracolmi di residui. Quando il Doc mi chiese il permesso di buttare via un tronco di cavolfiore per fare posto al gelato, compresi che dovevo trovare una soluzione.
Così comprai un essiccatore e la mia vita (e quella del Doc) cambiarono notevolmente in meglio.
Io riempii la dispensa di vasetti in vetro con polverine di tutti i colori e lui riempì i congelatori di gelato. Felici entrambi.
Una delle prime preparazioni con le polverine magiche fu questo pane colorato, che vi propongo nella giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica al pane.
Pane rustico colorato
180 g di farina 00
150 g di farina 0
100 g di farina Manitoba
70 g di farina di farro
330 ml di acqua a temperatura ambiente
7 g di lievito di birra in granuli
10 g di sale
Un cucchiaino di malto d’orzo
15 g di polvere di pomodoro e peperoni rossi *
15 g di polvere di peperoni gialli e zafferano *
15 g di polvere di peperoni verdi e bucce di piselli *
Sciogliete il lievito in poca acqua e mescolare bene. Lasciate riposare fino a quando inizia a schiumare.
Setacciate le farine e iniziate ad impastare, a mano o con l’impastatrice, aggiungendo il lievito sciolto e poco alla volta la restante acqua.
Unite il malto d’orzo ed il sale.
Dividete l’impasto in tre ed aggiungete ad ognuno una polvere colorante diversa.
Terminate di impastare e formate tre palle che metterete in scodelle leggermente unte, coperte con uno strofinaccio.
Lasciate lievitare fino al raddoppio in luogo asciutto e protetto.
Stendete i tre impasti in forma più o meno rettangolare e sovrapponeteli, poi arrotolate il tutto e sistematelo in uno stampo rettangolare da plumcake.
Lasciate nuovamente lievitare il pane rustico per un’ora nel forno con la luce interna accesa, poi cuocete a 200°C per dieci minuti. Abbassate la temperatura a 190°C e lasciate cuocere per altri 50 minuti.
*Le polveri si ottengono dall’essicazione degli scarti dei prodotti. Se non si possiede un essiccatore si può fare anche in forno, tenendo la temperatura al minimo e lo sportello socchiuso, oppure in microonde a temperatura bassa e a brevi intervalli di pochi secondi. Poi si lascia raffreddare e si trita con un normale macinacaffè.
La polvere ottenuta, passata in un setaccio a maglia fine, è un ottimo colorante naturale.
Pane rustico realizzato per la rubrica “Avanzi tutta” di MTChallenge
Ah, la meravigliosa fioritura del sambuco! Ogni anno aspetto questo periodo per iniziare la raccolta dei fiori, piccoli e bianchi, che serviranno per preparare sciroppi e infusi.
Più avanti sarà il turno delle bacche, per confetture e liquori.
Attenzione, però: è facile confonderlo con il suo cugino cattivo, amaro e tossico. QUI trovate tutte le informazioni utili.
Con i fiori di sambuco si preparano anche dolci squisiti, come il pan de’ mej, di cui si parla oggi sul Calendario del Cibo Italiano.
In Calabria i fiori di sambuco sono invece utilizzati, in particolare nel lametino, per “u pani i maju“, uno strepitoso pane che spesso viene arricchito da olive, pomodori secchi, peperoncino, o dagli scarafogli, che sono i residui della bollitura del grasso di maiale, conosciuti anche come ciccioli in altre zone.
U pani i maju
300 g di semola rimacinata di grano duro
200 g di farina Manitoba
350 ml di acqua
5 g di lievito di birra
10 g di sale
20 g di olio
30 g di fiori di sambuco sciacquati e lasciati asciugare una notte.
Sciogliete il lievito in 100 ml di acqua a temperatura ambiente nella ciotola della planetaria, poi aggiungete alternativamente la farina e la restante acqua, con il motore dell’impastatrice al minimo.
In ultimo unite il sale e l’olio.
Coprire con pellicola e lasciate riposare per 12/15 ore in frigo.
Spargete della semola sulla spianatoia e versatevi l’impasto, che sarà piuttosto molle.
Date qualche giro di pieghe e pirlate, ricomponendolo a pagnottella, poi depositatelo in una ciotola leggermente unta e lasciate riposare coperto da pellicola a temperatura ambiente, fino al raddoppio.
Stendetelo sulla spianatoia a rettangolo e cospargetelo con i fiori di sambuco mescolati al peperoncino, poi distribuite le olive e i pomodori a pezzettini.
Arrotolate e rimettete a lievitare sulla teglia coperta di carta forno, o su uno stampo come QUESTO.
Dopo un paio d’ore portare il forno a 200 °C ed infornate u pani i maju. Dopo dieci minuti abbassate la temperatura a 180 °C e proseguire la cottura per 40/45 minuti.
Lestopitta vuol dire pane sottile, dal greco Λεπτός (leptòs), sottile e πίτα (pita), pane; e non, come erroneamente riportato a volte, “pane veloce”. Anche perché, pur essendo molto semplice come preparazione, richiede tempi piuttosto lunghi.
Ricorda in qualche modo la piadina, anche se la cottura è totalmente diversa, assimilabile forse all’emiliano gnocco fritto che contiene, tuttavia il lievito ed è a base di farina bianca.
Insomma la lestopitta è un’altra cosa. Semplice, a base di acqua, farina, olio e sale.
Appena fatta, ancora calda, è croccante. Raffreddandosi si ammorbidisce e si può arrotolare e farcire.
La sua origine greca è avvalorata dalla sua appartenenza alla tradizione di Bova Superiore, paese dell’Aspromonte che sfiora i 1000 metri ed è ricco di storia ed iniziative brillanti, come il magnifico museo all’aperto dedicato alla civiltà contadina.
Ingredienti della lestopitta:
200 g di semola di grano duro
100 ml di acqua tiepida
un cucchiaio di olio extra vergine di oliva
un cucchiaino di sale
Olio extra vergine di oliva, o di semi di girasole per la frittura
Preparazione:
Impastare a lungo e con forza gli ingredienti, fino ad ottenere una palla liscia e compatta. Coprirla con un tovagliolo e lasciarla riposare almeno un’ora
Dividere l’impasto in quattro pezzi, schiacciarli leggermente con le mani, poi ripiegare verso il centro i lembi esterni e arrotondarli, formando quattro palline. Questo procedimento serve ad incamerare aria all’interno di ogni impasto. Coprire e lasciare nuovamente riposare almeno un’ora
Scaldate abbondante olio in una padella e intanto stendete sottilmente le palline di impasto con il matterello (foto 3).
Immergete nell’olio le sfoglie ottenute. Se l’impasto è stato ben eseguito, le vedrete gonfiare, come nel seguente video:
Potete gustarla in accompagnamento agli squisiti salumi, formaggi e sott’oli di Calabria, o arrotolata e farcita a piacere (qui con il morzeddu catanzarese).
Questo pane in cassetta era stato realizzato, nella sua versione originale, circa un anno fa, per la rivista “MAG about food” (trovate QUIla versione originale con l’aglio orsino).
Ho voluto riprovare con altre erbe fresche, perché mi serviva un accompagnamento diverso dai soliti per una spettacolare cernia che mi è stata gentilmente recapitata. Accompagnata, ça va sans dire, dalla richiesta di cucinarla a dovere.
Della cernia e della sua degna fine vi parlerò in un altro post, adesso vi regalo la ricetta di questo pane in cassetta aromatico e morbido, che ho convertito con lievito madre.
Pronti?
Pane in cassetta al timo e origano
Per uno stampo a cassetta di 30 cm
30 minuti di preparazione + 1 ora di riposo + 50 minuti di cottura
250 g di farina di farro spelta tipo 2
150 g di farina 0
10 g di sale
150 g di lievito madre rinfrescato (idratazione 50%)
275 ml di latte
1 cucchiaino di zucchero
220 g di burro morbido
100 g di timo e origano freschi
Farina per la spianatoia
Sciogliete il lievito madre nel latte a temperatura ambiente, aggiungete lo zucchero e la farina miscelata al sale.
Amalgamate 40 g di burro, formate un impasto morbido, ma non appiccicoso, trasferitelo in una ciotola e lasciatelo riposare in luogo protetto (l’ideale è il forno con la lucina accesa), coperto da un canovaccio, fino al raddoppio (3/4 ore).
Nel frattempo lavate il timo e l’origano e asciugateli bene. Tritate finemente le foglioline e unitele al burro rimasto insieme a una presa di sale, mescolando energicamente con una forchetta.
Rivestite lo stampo con carta forno.
Ribaltate l’impasto sulla spianatoia, lavoratelo di nuovo con le mani e stendetelo con il mattarello in un rettangolo di circa 50 x 40 cm, su cui spalmerete il burro alle erbe. A questo punto tagliate l’impasto per il lungo in cinque strisce. Ripiegate ogni striscia su se stessa a mo’ di fisarmonica, sistematele nello stampo in verticale e lasciate lievitare per circa 2 ore.
Preriscaldate il forno a 190 °C.
Infornate il pane in cassetta sul ripiano inferiore e cuocete per 45-50 minuti fino alla formazione di una bella crosticina; se necessario, coprite con un foglio di alluminio, per evitare che si scurisca troppo. Una volta cotto, estraetelo dallo stampo aiutandovi con i lembi della carta da forno. Potete gustarlo tiepido oppure freddo.
“Le donne del pane” è il titolo di un libro. Che non è un libro, ma un ricordo, un’emozione, un insegnamento, qualcosa da tenere stretto e caro perché trasmette calore, affetto, sapienza, umiltà, dolcezza.
L’ha scritto una persona la cui amicizia mi onora e mi riempie di orgoglio.
Ora, sapete bene che sono piuttosto autoironica, strafottente, leggera nelle mie esternazioni e probabilmente gelosa delle emozioni profonde. Però stavolta mi sento di esternare un sentimento intimo perché credo che vada conosciuto e condiviso: vale la pena di viverlo e lo consiglio a tutti.
Il libro è stato scritto da Pina Oliveti. Pina è la titolare di un antico panificio di Rogliano, paesino vicino Cosenza, dove utilizza, coccola e cura, con l’aiuto del marito , ricette antiche tramandate da generazioni.
Panificio Cuti di Rogliano
Da poco ha inaugurato la nuova struttura. Bene, la struttura sarà nuova, ma i metodi sono sempre quelli, antichi, che garantiscono la genuinità e il rispetto della tradizione. Lievito madre, forni a legna, impasti a mano. Una meraviglia, credetemi.
Lei è presente in tutte le occasioni per parlare di questa sapienza antica, e ha raccolto nel suo libro le storie de “le donne del pane”che, come lei e prima di lei, compivano questo rito antico di creazione e condivisione.
C’è molto da imparare, da Pina e dal suo libro. Io ho avuto il piacere e l’onore di presentarlo questa estate nel corso della rassegna “Incontri silani” e mi sono letteralmente innamorata delle figure di donna descritte in questo libro.
Incontri Silani – Presentazione libro
Nella nuova struttura Pina ha voluto creare un museo del pane e delle attrezzature, e un percorso conoscitivo per le scolaresche e non solo. Oltre a laboratori, zone attrezzate per dimostrazioni e cooking show e… insomma, abbiamo progetti da realizzare e idee da sviluppare insieme nella sua nuova location, per cui… stay tuned!
Pane per bruschette
– 150 g di esubero di lievito madre – 150 g di semola rimacinata di grano duro – 150 g di farina 0 – 100 g di farina integrale – 270 ml di acqua tiepida – un cucchiaino di sale – un cucchiaino di malto d’orzo
Questo pane lo realizzo espressamente per le bruschette. E’ impastato con il lievito madre non rinfrescato, quindi meno attivo, per cui il risultato è con alveoli piccoli e compatti. Le fette di questo pane sono ideali per essere poi leggermente tostate in forno ed utilizzate per gustosi antipasti o merende appetitose, spalmate di salse e paté, oppure coperte da una dadolata di profumati pomodorini al basilico.
Sciogliete il lievito madre nell’acqua con il malto d’orzo. Lasciate riposare per mezz’ora circa.
Aggiungete le farine ben setacciate e il sale. Lasciate riposare l’impasto per 20/30 minuti. Schiacciatelo con le mani e date un giro di pieghe prendendo i lembi esterni e portandoli verso l’interno. Giratelo sottosopra e formate una palla. Ripetete altre due volte a intervalli di 20/30 minuti.
Infornate a 190° statico, dopo dieci minuti abbassate a 180° e lasciate cuocere per 40 minuti. “Bussate” con le nocche sul fondo: se suona vuoto, proprio come quando si bussa ad una porta, il pane è pronto. La differenza è che nessuno vi risponderà “avanti!”, (sono siema, lo so) ma il risultato sarà ottimale.
Lasciate raffreddare, poi affettate e tostate in forno, magari dopo avere strofinato le fette con uno spicchio di aglio, che ci sta a pennello.
Il bellissimo libro “Le donne del pane” lo potete anche scaricare in formato ebook, seguendo QUESTO LINK.