Ravioli di barbabietola con spinaci e ricotta

Ravioli di barbabietola

Una delle usanze meno “usate” sulle tavole calabresi natalizie, è l’insalata di barbabietola.

Per tradizione non può mancare, insieme ad un numero imprecisato di altri piatti che nutriranno la famiglia fino a capodanno.

C’è sempre, dicevo, ma non la mangia mai nessuno, o quasi. Continua a leggere “Ravioli di barbabietola con spinaci e ricotta”

Struncatura: il gusto antico della povertà

Struncatura

Un tempo, nei numerosi mulini delle zone agricole reggine, in particolare nella piana di Gioia Tauro, venivano lavorati diversi tipi di farine:  grano duro, mais, ma anche farro, segale, avena. Ma anche cicoria, caffè, mangime per animali.

A fine giornata gli operai raccoglievano i residui della lavorazione e le mani sapienti e abili delle fantasiose donne di casa li impastavano con acqua e ne ottenevano una pasta simile alle tagliatelle, che era il formato più facile da realizzare.

La pasta ricavata da questo insieme di rimasugli non sempre aveva un sapore gradevole, Continua a leggere “Struncatura: il gusto antico della povertà”

Busiate alla trapanese, somiglianze tra cugini

Le busiate: amici calabresi, non trovate una certa somiglianze con i nostri fileja? Entrambi lavorati a mano, entrambi arrotolati sul ferretto… poi, certo, si spazia con i condimenti.

Niente di strano, in fondo siciliani e calabresi sono cugini e la cuginanza, si sa, è un legame forte, amorevole, affettuoso.

I miei cugini gemelli, nove anni più di me, vivevano in Piemonte ed io andavo lì a passare le vacanze con mia nonna. Ero la loro vittima, mi facevano un sacco di scherzi anche cattivelli, ma io li adoravo e li seguivo ovunque. Continua a leggere “Busiate alla trapanese, somiglianze tra cugini”

Orecchiette alle cime di rapa

Le orecchiette ho imparato a farle in un tempo remoto, quando ero all’università, da una collega di Noicàttaro, un paese in provincia di Bari. Si chiamava Lucrezia, il cognome non lo ricordo, ma rammento benissimo la velocità con cui realizzava queste minuscole “scodelline” di pasta, strisciando la lama del coltello e ripiegandole sul dito.

Mentre io, sudando sette camicie riuscivo finalmente a farne una decente, lei aveva già prodotto orecchiette per tutta la facoltà, compresi i lavavetri. Continua a leggere “Orecchiette alle cime di rapa”

Tortelloni radicchio, pecorino e schizzi di masterchef

Tortelloni

Tortelloni radicchio e pecorino: una di quelle ricette che nascono dai resti, perché gettare via il cibo è una di quelle cose che proprio non mi vanno giù.

Nel mio caso avevo comprato del radicchio per fare i tortelloni ripieni.

Avevo ospiti a cena, tra cui una vegetariana, così ho deciso che tutta la cena sarebbe stata in tema (semplice pigrizia). Continua a leggere “Tortelloni radicchio, pecorino e schizzi di masterchef”

La sulla, erba spontanea bella e buona.

la sulla

La sulla è un’erba spontanea di recente scoperta.

Molto comune nel bacino mediterraneo, in quanto amante dei climi caldi, se ne hanno notizie solo a partire dal ‘700.

Inizialmente utilizzata solo come foraggio per le sue qualità astringenti e disinfettanti dell’apparato gastrointestinale, è nota soprattutto per il miele che deriva dai suoi dolcissimi fiori, molto apprezzati dalle api.

La sulla è una leguminosa ed è commestibile in tutte le sue parti. Il gusto è dolciastro, soprattutto dei fiori, con un leggero tocco acido. Si può consumare sia cruda che cotta. Continua a leggere “La sulla, erba spontanea bella e buona.”

Gnocchi mediterrOnei – mediterranei, terroni ed erronei

Gnocchi mediterrOnei” non è un errore di battitura, ma un compendio della natura di questa preparazione, nata da uno degli innumerevoli conflitti che costellano da sempre la mia vita da figlia.

Mia madre, piemontese con ascendenze valdostane e francesi (ma secondo me c’è anche qualche tedesco, o almeno un austriaco), è una donna solida, severamente lineare, piena di virtù, tra le quali tuttavia non annovera le capacità culinarie.

Il mondo gastronomico le è del tutto sconosciuto. In compenso conosce alla perfezione le modalità di scongelamento dei surgelati, i tempi di cottura dei piatti pronti e la temperatura ideale per riscaldare i vassoi del take-away.

L’universo alimentare della mia adolescenza è costellato di sofficini-bastoncini-sorrisini, polpettone e rustici della rosticceria, oltre a non meglio identificate pietanze dall’aspetto inquietante, provenienti dalle trattorie dei dintorni.

A sedici anni avevo già la gastrite.

A diciotto, con la scusa dell’università, ma in realtà per puro istinto di sopravvivenza, sono fuggita a 800 chilometri di distanza, e a) sono dimagrita di 12 chili b) sono guarita dalla gastrite c) ho imparato a cucinare.

In tutto questo, devo però riconoscere che mia madre aveva i suoi cavalli di battaglia: quei quattro piatti in croce destinati alle occasioni speciali (io non lo ero), che le riuscivano in maniera davvero divina.

Sul brasato al barolo, la polenta al sugo e la panizza vercellese (non ve l’ho detto che è piemontese?) oggi ce la giochiamo più o meno alla pari.

Il mio cruccio rimangono gli gnocchi. Non sono mai riuscita ad eguagliare i suoi.

Così, complice la sfida MTC59, basata sugli gnocchi di patate come decretato dalla vincitrice della sfida precedente,  Annarita Rossi del blog “Il bosco di alici“, decido di coinvolgere la genitrice nel gioco e prepararli sotto i suoi occhi (lei non può nemmeno toccarli perché ha scoperto da qualche mese di essere celiaca) e con le sue indicazioni, per cercare di carpire il segreto.

Perché stavolta l’MTChallenge non è l’unica sfida che voglio vincere.

E qui devo ripetere pari pari la lezioncina di mia madre.

Le patate devono essere asciutte, non novelle, a pasta bianca

Ecco. Quindi utilizzerò le patate della Sila IGP che sono sode e compatte grazie alle particolari condizioni climatiche in cui crescono.

E’ meglio lessarle sbucciate, tagliate a pezzi e con il sale, così rilasciano l’amido. Poi si asciugano bene e gli gnocchi restano più scioglievoli”.

Il segreto della morbida scioglievolezza mi mancava, però la ricetta della sfida prevede la cottura delle patate intere. Così opto per la cottura in microonde che faciliterà il compito. Ho qualche piccolo dubbio in merito, perché penso che il punto di forza degli gnocchi materni era proprio quella capacità di mantenersi sodi in cottura per poi liquefarsi al primo contatto tra lingua e palato, ma procedo.

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Noooooo!!!! Stai sbagliando!” “Mamma devo fare così” “Ma è sbagliato!” “Ok, ma devo fare così” “Se sbagli non saranno come i miei!” “Pazienza, devo fare così” “Sono erronei!” “Va bene, saranno gnocchi mediterrOnei” e avanti all’infinito, o almeno fino a cottura delle patate.

Si sbucciano calde“. “Scottano.” “Fa nulla, scottati, ma sbucciale calde“.

Con l’aiuto di una forchetta e di un coltello le sbuccio, sacramentando in aramaico antico.

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Passale al setaccio e sparpagliale sulla spianatoia, poi metti il sale e le lasci raffreddare“. “Uso lo schiacciapatate” “Non è la stessa cosa” “Uffamachimelohafattofare”

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“Bene, poi quanta farina aggiungo?” “Quanta ne prendono”.

Quando sento o leggo questa frase mi viene sempre da piangere. “Quanta ne prendono” Per arrivare dove?

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Mentre la disperazione avanza, recupero le istruzioni di Annarita e preparo un 20% di farina. Poi, dalla figura rigidamente seduta nella poltrona e circondata da un alone di gloria e sapienza, arriva l’illuminazione divina: “L’impasto deve essere morbido, ma compatto. Fai un rotolo e lo poggi sul palmo della mano: se ricade ai lati senza rompersi, va bene”.

E questa è la genialata del secolo.

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CHE NON TI VENGA IN MENTE DI AGGIUNGERE L’UOVO!”

Perdonate il carattere maiuscolo, ma il tono era quello. Uovo, io? Giammai. Anatema su di me.

Ora è facile, fai i rotolini, li tagli a tocchetti e li fai rotolare premendoli con il pollice sul retro della grattugia, o sui rebbi di una forchetta”.

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Eh, no. Adesso torna fuori la mia calabresità acquisita e gli gnocchi li striscio sul “crivo”!

Sei proprio diventata terrona“. “Si, e me ne vanto”.

Il crivo, per chi non lo sapesse, è un cesto dalle sponde basse, realizzato con giunchi intrecciati a maglia larga, che viene utilizzato come setaccio, per essiccare alimenti al sole, o, giustappunto, per dare forma agli gnocchi.

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Ora li cuoci, quando salgono a galla sono pronti“. Finalmente una certezza.

Già, ma come condirli, questi gnocchi mediterrOnei?

Recentemente ho partecipato a diversi eventi basati in particolare sulla dieta mediterranea. Per cui penso a qualcosa di veramente solare, fresco e gustoso, con i sapori del mio amato Sud. Ed eccovi il risultato.

Gnocchi mediterrOnei – mediterranei, terroni ed erronei

Ingredienti per 4 persone:

Per gli gnocchi
•500 g di patate
•Farina 00 q.b.
•Mezzo cucchiaino di sale.

Per il condimento
•200 g di burrata
•Un peperoncino piccante
•40 ml di panna fresca di latte
•Uno/due pomodori “cuore di bue”
•100 ml di olio di semi di girasole
•1 g di agar agar
•12 foglie di basilico fresco grandi ed intatte
•Olio per friggere

Procedimento:

Per gli gnocchi

Sbucciate e tagliate a pezzi le patate, mettetele in un contenitore per microonde, bucherellatele e coprite con pellicola bucherellata o con un coperchio. Cuocete al massimo della potenza per 8/10 minuti, dipende dalla grandezza. Controllatele ogni tanto e rigiratele almeno una volta.

Scolate le patate, asciugatele con carta da cucina o un canovaccio, passatele al setaccio formando un mucchietto sulla spianatoia e lasciatele intiepidire.

Iniziate ad aggiungere la farina, fino ad ottenere un panetto malleabile, che non si sfaldi.

Ricavatene dei rotolini dello spessore di un pollice, poi tagliateli a tocchetti.

Portate a bollore abbondante acqua ed immergervi delicatamente gli gnocchi: non appena salgono a galla scolateli con una schiumarola e conditeli direttamente nei piatti.

Per il condimento

Versate 150 ml di olio di semi di girasole in un bicchiere e mettetelo in frigo per almeno due ore.

Spremete il succo dei pomodori “cuore di bue” (se non avete l’estrattore va benissimo un comune spremiagrumi) e filtratelo con un colino a maglie strette. Dovrete ricavarne circa 100 ml.

Aprite il peperoncino, togliete i semi e metteteli da parte. Lasciate la parte esterna del peperoncino in infusione nell’acqua di pomodoro.

Sciogliete l’agar agar nell’acqua di pomodoro e portate ad ebollizione.

Spegnete e lasciate raffreddare per un paio di minuti.

Con una siringa senza ago, o un contagocce, prelevate un po’ di liquido e lasciatelo cadere nell’olio che avete raffreddato in frigo. Si formeranno delle sfere solide. Prelevatele senza farne accumulare troppe e sciacquatele velocemente in acqua fredda.

Setacciare la burrata con la panna, aggiungendo i semi del peperoncino e un pizzico di sale.

Lavare ed asciugare bene le foglie di basilico, poi passarle velocemente in olio bollente, per renderle croccanti.

Coprire il fondo del piatto con la crema di burrata, porvi gli gnocchi, guarnire con le perle di pomodoro e il basilico fritto e servire.

“Non saranno sicuramente come i miei” “No, mamma, sono i miei gnocchi mediterrOnei e sono più buoni!”

Per l’MTChallenge n° 59 da EatParadeBlog

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Raviolo aperto in pesto di sulla e ragù di quaglia con tartufo

Il raviolo aperto fece scalpore nel 1982, quando Gualtiero Marchesi lo creò.

In tutta la sua semplicità, essendo composto praticamente da due strati di pasta fresca con il ripieno in mezzo, riscosse subito un enorme successo.

Sarà stata l’idea geniale di inserire una foglia all’interno dell’impasto; sarà stato il nome azzeccato che incuriosiva; sarà stata la presentazione da copertina; fatto sta che è passato alla storia e oggi ho utilizzato l’idea iniziale per un piatto particolare.

Raviolo aperto in pesto di sulla e ragù di quaglia con tartufo

Raviolo aperto 2

Per il raviolo aperto (ingredienti per 4 persone):

  • 200 g di farina 0
  • 100 g di semola rimacinata
  • 1 uovo
  • 100 ml circa di acqua
  • un pizzico di sale

Impastare le farine con l’uovo ed il sale, aggiungendo poco alla volta l’acqua, fino ad ottenere un impasto sodo ed elastico. Coprire con un canovaccio e lasciare riposare per mezz’ora.

Tirare la sfoglia, con il mattarello o con la sfogliatrice e ricavarne dei rettangoli o dei quadrati della misura voluta (i miei erano 5 cm. x 12).

Per il ragù:

  • 2 quaglie
  • 1 cipolla bianca
  • 1 gambo di sedano
  • due spicchi di aglio
  • un peperoncino (se piace)
  • un mazzetto di odori (timo, rosmarino, alloro, salvia)
  • olio extra vergine di oliva
  • un bicchierino di cognac (o vino bianco secco)
  • un cucchiaino di concentrato di pomodoro

Disossare le quaglie e tagliare la carne ricavata a coltello molto finemente.

Pulire cipolla, aglio, sedano e peperoncino e tritarli.

Lessare in un litro di acqua salata le carcasse delle quaglie con i resti delle verdure ed il mazzetto di odori, lasciare ridurre il liquido all’incirca della metà, poi filtrarlo.

Soffriggere in olio le verdure tritate, aggiungere la carne e lasciare insaporire.

Sfumare con il cognac, poi sciogliere il concentrato di pomodoro in un bicchiere del brodo filtrato ed aggiungerlo al ragù. Abbassare la fiamma al minimo e lasciare asciugare.

Per il pesto:

  • 150 g di foglie di sulla lavate ed asciugate
  • un cucchiaio di olio extra vergine di oliva
  • un cucchiaio di Gran Mugello grattugiato
  • uno spicchio di aglio scamiciato e privato del germoglio interno
  • un cucchiaio di granella di nocciole

Tritare insieme tutti gli ingredienti, nel mortaio o con il mixer, fino ad ottenere una crema consistente.

Per la crema di formaggio:

Tagliuzzare il formaggio e lasciarlo immerso nel latte per qualche tempo.

Sciogliere a bagnomaria o a fuoco bassissimo aggiungendo il burro, fino a ridurlo in crema.

Per guarnire:

  • qualche fiore di sulla
  • scaglie di tartufo nero
  • tuorlo sodo di quaglia

Composizione del raviolo aperto:

Coprire il fondo del piatto con il pesto di sulla.

Distribuire dei cucchiaini di crema di formaggio.

Lessare i ravioli nel brodo di verdure filtrato e messo da parte.

Sistemare un rettangolo sul pesto, cospargerlo con il ragù e sovrapporvi un altro rettangolo.

Guarnire il raviolo aperto con i fiori di sulla, scaglie di tartufo e tuorlo di uovo di quaglia sodo e sbriciolato.