Non tutte le ciambelle riescono col buco, non tutte le torte lievitano, non tutti i pomodori sono rossi.
Sono alcune delle cose che si imparano in cucina. Effettivamente, oltre alle qualità di pomodoro rosso che troviamo normalmente in commercio, ne esistono tantissime altre dai colori più disparati: rosa, arancio, nero, giallo, verde, persino zebrato. Giallo, d’altronde, è il colore originale del frutto che Cortés portò in Europa dalla sua amichevole visita agli aztechi. Giallo, e da qui il suo nome “pomo d’oro”. Poi il clima mediterraneo lo modificò nel rosso acceso che ben conosciamo, e che lo fece definire anche “pomo d’amore”, ritenendo, tra l’altro che avesse proprietà afrodisiache.
Pietro Andrea Mattioli, medico ed umanista, nel 1544 traduce il De Materia Medica di Dioscoride dal greco aggiungendovi i suoi discorsi e commenti, e parla per la prima volta dei pomi d’oro, come di un tipo di melanzana: “Portasene a i tempi nostri un’altra spetie in Italia, le quali si chiamano pomi d’oro. Sono queste schiacciate fatte a spicchi, di colore prima verdi, come sono mature in alcune piante rosse come sangue, in altre colore oro“.
Anche nell’Herbario del Durante, medico e cittadino romano, nel 1585 si parla di di “Pomo d’oro. Aurea poma valent quae mala insana valere diximus, apta escis haec sunt, aegreque coquuntur“. Somigliante alla melanzana, commestibile, ma difficile da cuocere. ‘A pummarola era ancora molto di là da venire. il primo a citarne l’uso corrente in cucina è Vincenzo Corrado nel suo “Cuoco galante” del 1773, mentre nel 1789 gli abati Filippi Luigi Gilli e Gaspare Xuarez riferiscono di una salsa di peperoni e pomodori che gli americani mangiano con la carne. (Notizie tratte dal libro “Storia piacevole della Gastronomia di G. Maffioli)
Tutto questo per arrivare al mio pomodoro, che non è giallo, né rosso, ma verde.
E’ il pomodoro gigante di Belmonte Calabro, unico a marchio De.C.O (Denominazione Comunale d’Origine). Arriva a pesare 3 kg. Deriva dalla qualità “Cuore di bue” e pare sia stato importato all’inizio del XX secolo da tale Guglielmo Mercurio, al suo rientro dall’America. Ha la particolarità di maturare dall’interno verso l’esterno. Ecco perché, nonostante sembri acerbo, in realtà è dolce e succoso.

Il sugo che ne deriva è un verde giallastro, ed abbinato a peperoni e mais diventa il piatto definito, in famiglia, “pasta alla Fletcher”. Chi non conosce la “Signora in giallo”? Eccola, ve la presento:
Ingredienti per 4 persone:
- 500 gr. di fusilli lunghi
- mezzo chilo di pomodori verdi di Belmonte
- 250 gr. di peperoni gialli
- 100 gr. di mais precotto
- olio extravergine di oliva
- sale
- uno scalogno
- i semi di un peperoncino piccante
- due spicchi di aglio
- un pizzico di zafferano
Soffriggere nell’olio l’aglio scamiciato, poi schiacciarlo e toglierlo.
Grattugiare lo scalogno e, non appena prende colore, aggiungere il pomodoro tagliato a pezzetti ed i semi del peperoncino.
Aggiungere il sale ed un bicchiere d’acqua, e lasciare ammorbidire, poi schiacciare grossolanamente e proseguire la cottura.
In un’altra padella, soffriggere nell’olio caldo il peperone tagliato a dadini ed il mais.
Nel frattempo, lessare la pasta al dente, scolarla e rimetterla nella pentola.
Versarvi il sugo di pomodoro e rimescolare brevemente sul fuoco.
Unire i peperoni ed il mais croccanti e servire senza ulteriori aggiunte.

Con la mia pasta alla Fletcher, versione personalizzata della “pasta al pomodoro”, che è stata scelta come tema da Paola Sabino di Fairie’s Kitchen partecipo all’ MTChallenge n° 48
