Filetto di maiale glassato all’uva

filetto di maiale

Il filetto di maiale è una parte che va trattata accuratamente, per non perderne tutte le qualità.

Miracolosamente, rimane sempre e comunque saporito e gustoso. Però riuscire a prepararlo in maniera da preservarne anche la morbidezza è un colpo da maestro. Continua a leggere “Filetto di maiale glassato all’uva”

Uva sciroppata alla grappa

uva

Uva. 6.154 varietà al mondo, 453 in Italia, che è al terzo posto (dati O.I.V.)

Io ne conoscerò una decina, a voler essere ottimisti. Bianca, nera, rossa, con chicchi lunghi e sodi oppure piccoli e tondi, dolci come quelli dell’uva fragola.

Quando ero piccina e trascorrevo le vacanze dalla nonna Neta, in Piemonte, ricordo che ogni tanto si andava a trovare la cugina Terzilla alla Cà Granda, nel vercellese.

Era un tipo di abitazione molto comune in quella zona: agglomerati di case di ringhiera che circondavano un cortile interno. Il cortile della Cà Granda aveva un muro interamente ricoperto di uva fragola (la Terzilla la chiamava “americana”) ed io ne facevo grandi scorpacciate mentre le due cugine ciacolavano. Continua a leggere “Uva sciroppata alla grappa”

Bocconotti di Mormanno e la mostarda calabrese

Bocconotti

Bocconotti, ossia bocconcini.

Così si chiamano questi deliziosi dolcetti di frolla, conosciuti in buona parte del Meridione.

L’aspetto è simile ovunque, ma a seconda delle zone cambia il ripieno con cui vengono farciti.

In Calabria sono particolarmente rinomati quelli di Mormanno, farciti con mostarda d’uva, che nulla ha a che vedere con la mostarda cremonese. Se mai, è simile a quella piemontese (cugnà) preparata con mosto d’uva e frutta secca. I bocconotti di Amantea, invece, sono più somiglianti alle varchiglie cosentine. Continua a leggere “Bocconotti di Mormanno e la mostarda calabrese”

Mostarda di uva fragola e ciliegie – miracoli di Calabria

Il Servizio Cittadinanza delle Donne e Culture delle differenze/Centro Donna, il Centro Culturale Candiani del Comune di Venezia e l’Associazione culturale “Voci di carta”, hanno raccolto, nei primi mesi del 2015, una serie di racconti legati al cibo, e li hanno pubblicati in un libro dal titolo “Impiattiamo la vita”.

Oggi è arrivata la mia copia del libro.

Mi spetta perché, immodestamente, tra gli autori ci sono anch’io.

Non sono una scrittrice, ed il mio racconto è stato scritto velocemente e di getto, senza quasi pensarci, anche perché è scolpito nella mia mente, per averlo sentito narrare tante volte dalle “memorie storiche” della famiglia.

Spero di avere trasmesso tutto il mio grande amore per la Terra di Calabria, povera di mezzi, ma ricca di frutti; la Terra dove “si muore di povertà, ma non di fame”, perché i prodotti che altrove vengono coltivati in serra e venduti come beni preziosi, quaggiù si trovano lungo le strade, alla portata di chiunque: dalla cicoria agli asparagi, dalle susine ai fichi d’india, dalle castagne agli agrumi di ogni tipo. Senza dimenticare i freschi e gustosi abitanti di un mare ancora, in molti tratti, incontaminato e cristallino.

Il racconto (lo trovate subito dopo la ricetta) fa riferimento ad una ricetta che, come tutti i miracoli, accade solo in determinati luoghi, e solo per brevi periodi:

La mostarda di uva fragola e ciliegie di mamma Né.

Nata per caso e possibile solo nel Sud Italia, dove l’estate dura abbastanza a lungo da permettere di trovare, contemporaneamente, uva fragola e ciliegie, questa mostarda non richiede zucchero. Al posto della canonica senape si aggiunge il peperoncino. Si realizza anche con sola uva, oppure con i fichi. E’ prudente non attendere troppo a lungo per consumarla, ma si conserva comunque per 3/4 mesi.

Viene utilizzata in accompagnamento a carni dal sapore forte, come la selvaggina.

Ingredienti:

  • 1 kg. di uva fragola
  • 250 gr. di ciliegie
  • 1 mela verde
  • 5 chiodi di garofano
  • 1 peperoncino

Mettere l’uva e le ciliegie, ben lavate, in una pentola dai bordi alti e cuocere a fuoco vivo per una decina di minuti, fino a quando iniziano ad ammorbidirsi.

Passarle nel setaccio e rimettere il composto sul fuoco, aggiungendo la mela verde sbucciata e tagliata a pezzettini o, meglio ancora, frullata.

Asportare i semi dal peperoncino, chiuderlo in una garza insieme ai chiodi di garofano ed aggiungere al resto.

Cuocere a fuoco lento per 40/50 minuti: deve raggiungere la consistenza di una confettura.

Nel frattempo, sterilizzare i vasetti ed i coperchi facendoli bollire.

Riempire i vasetti con la mostarda bollente, chiuderli bene e farli raffreddare capovolti.

C’u culu ruttu e senza cirasa

Nel piccolo paesino della presila calabrese a ottobre era ancora piena estate. Già i primi grappoli d’uva, grossi e succosi, pendevano dagli intrecci dei vigneti e le prime clementine si sostituivano ai piccoli fiori bianchi, ma nel terreno di Ciccio il vecchio e maestoso ciliegio regalava ancora i suoi rossi e lucidi frutti. L’unico ciliegio del paese: una rarità, invidiato da tutti e guardato a vista dal proprietario che, tuttavia, in quel momento non c’era. Come resistere alla tentazione? Così, senza pensarci due volte, i due furfantelli erano entrati nella proprietà: Nicolino si era arrampicato e gettava a terra le ciliegie che il cugino Micuzzo raccoglieva nella maglietta. Proprio quando avevano ormai svuotato l’albero dalle sue ricchezze e Nicolino era saltato giù dal ramo più basso, era arrivato il legittimo proprietario, inferocito.   “Fuja Nicò, fuja!” “Corri, Nicola, corri!”  gridò  Micuzzo. Ma Nicola era più piccolo di lui, aveva solo cinque anni e le gambette corte, e per il contadino che lo inseguiva gridando “ladro, si ti pigliu t’ammazzu” fu uno scherzo acchiapparlo per la maglietta e strattonarlo, rifilandogli un sonoro scapaccione. Nel 1936 il telefono azzurro non esisteva ancora, i genitori erano ben felici quando qualcuno si sostituiva a loro nel ruolo di educatore e comunque Nicolino non si sarebbe mai sognato di protestare: sapeva bene di essere in torto, la sculacciata ci stava tutta, ma quelle ciliegie erano troppo appetitose per resistere, e poi lui ad arrampicarsi era più agile di un gatto! Nel frattempo Micuzzo, otto anni e gambe lunghe, si era dileguato con il maltolto. “Chi era l’altro? Era Micuzzo d’a timpa, vero? Dimmelo!” Ma Nicolino, sebbene piccolo, conosceva già l’importanza dell’omertà: non si parla, non si confessa, non si tradiscono gli amici. Così, non rispose e si lasciò trascinare, camminando tutto di traverso perché il contadino lo teneva saldamente per l’orecchio. Micuzzo, nel frattempo, era arrivato alla sua casa, affacciata sul pendio scosceso, la timpa da cui derivava il soprannome che lo distingueva dagli altri Micuzzi del paese. La madre stava pazientemente ripulendo gli acini della profumata uva fragola che poi gettava nel pentolone dove altra uva già bolliva, per preparare per la sua solita mostarda. “Ohi mà, ammuccia, ca Cicciu m’ammazza!” gridò  Micuzzu, rovesciandole in grembo le ciliegie: la mamma comprese in un attimo l’accaduto, prese le ciliegie e le versò nel pentolone, rimestando con la cucchiara di legno dal lungo manico. “Tu siediti, e continua a pulire!” Ciccio arrivò ansimando in quel momento, con il malcapitato Nicolino, che guardando Micuzzo strinse le labbra per fargli capire che lui, uomo d’onore, non aveva parlato.   Il contadino si trovò  davanti ad un tranquillo quadretto fa- miliare: il ragazzino, seduto sulla bassa sedia di legno, che puliva uva fragola e la madre che mescolava nella pentola un rosso intruglio che profumava non tanto di uva, o di fragole, quanto,  stranamente, di ciliegie. Il povero Ciccio restò perplesso ma, davanti ai fermi dinieghi della madre di Micuzzo e non avendo prove, fu costretto ad andarsene, per nulla convinto, a mani vuote. Ottenne una piccola vendetta con Nicolino, il quale, avendole buscate sonoramente dal padre, e senza aver assaggiato una sola ciliegia, nemmeno con il verme, restò, come nel famoso detto, “c’u culu ruttu e senza cirase”. Micuzzo prese una sonora cucchiarata sul didietro dalla madre, che, però, era pur sempre sua madre e gliele perdonava tutte. Mangiarono insieme i pochi frutti rimasti nelle tasche di Micuzzo, e dall’improvvisato miscuglio bollente che nascondeva l’ennesima marachella dell’irrequieto birbante, nacque la mitica confettura di uva e ciliegie di mamma Né.

Torta caramellata all’uva

La torta caramellata all’uva è nata come ripiego.

In realtà doveva essere una torta di mele, ma la richiesta è arrivata all’ultimo momento, con una sola mela a disposizione e nessuna voglia di uscire. Così, siamo arrivati ad un compromesso: torta morbida di frutta, va bene, ma con quello che c’è in casa. Dunque: uva bianca e nera. Ancora leggermente aspra, così aggiungiamo un dolce caramello. Visto l’eccellente risultato, vi consiglio caldamente di provarla; la inserirete sicuramente nella vostra personale EatParade. Ecco gli ingredienti per la torta caramellata all’uva:

Per il caramello:

  • 75 gr. di zucchero di canna
  • il succo e la scorza di mezzo limone
  • un cucchiaino di burro

Per l’impasto:

  • 200 gr farina 00
  • una bustina di lievito per dolci
  • 100 gr burro
  • 100 gr. di zucchero semolato
  • 2 uova
  • un grappolo di uva bianca, uno di uva nera

Scaldate in un pentolino il succo del limone e scioglietevi dentro lo zucchero di canna, mescolando bene.

Torta caramellata 1

Unite il burro e la scorza grattugiata di mezzo limone.

Lasciate intiepidire, poi spargete il caramello sul fondo della tortiera (io uso quelle in silicone, per cui non ho bisogno di imburrare ed infarinare).

Tagliate gli acini d’uva a metà e togliete i semini.

Distribuiteli in maniera uniforme sul caramello, con la buccia verso il basso: la torta andrà poi rovesciata e sarà più bella da vedersi.

Torta caramellata 2

Schiacciate alcuni degli acini rimasti: dovrete ottenere due cucchiai di succo.

Sminuzzate altri acini sbucciati e privati dei semi.

Montate a crema il burro con lo zucchero.

Montate a neve gli albumi.

Unite i tuorli alla crema di burro e zucchero, poi la farina setacciata con il lievito, il succo d’uva e gli acini sminuzzati.

In ultimo aggiungete delicatamente gli albumi montati a neve.

Distribuite l’impasto nella tortiera sopra gli acini precedentemente disposti.

Torta caramellata 3

Livellate bene con la spatola ed infornate la torta caramellata a 180° per 60 minuti (prova stecchino).

Lasciate raffreddare, poi capovolgete nel piatto da portata. Per semplificare l’operazione, potete foderare il fondo della tortiera con carta forno.

Un magnifico dolce autunnale, pronto da gustare!

La torta caramellata può essere preparata anche con altri tipi di frutta.

Polpettone pollo e prosciutto all’uva – Ricetta Bimby

Un polpettone pollo e prosciutto non può che essere morbido e saporito!

Preparato con l’aiuto del Bimby, che trita ed omogeneizza alla perfezione, si può realizzare anche con un buon tritatutto, e con una cottura a vapore. La particolarità di questo polpettone pollo e prosciutto sta nella cottura al vapore di succo d’uva, che lo rende particolarmente gustoso. Vi piace l’idea? Ecco gli ingredienti per la ricetta che è oggi al primo posto nella EatParade:

  • 300 gr. di petto di pollo
  • 200 gr. di prosciutto cotto
  • un cucchiaino di sale
  • un pizzico di pepe misto in grani
  • una cipolla
  • un gambo di sedano
  • un rametto di rosmarino
  • mezzo chilo d’uva nera
  • una noce di burro

Pulite e tagliate in tocchetti il petto di pollo.

Portate a bollore dell’acqua in una pentola con la cipolla, il sedano, il pepe, il sale e qualche ago di rosmarino.

Mettete a lessare il pollo per un mezz’ora.

Scolate il pollo lasciando da parte tutto il resto e mettetelo nel boccale del Bimby insieme al prosciutto.

Tritate a vel. turbo dando dei colpetti di 4/5 secondi e raccogliendo man mano dalle pareti, riportando al centro.

Quando è tutto ben omogeneizzato, raccogliete e compattate aiutandovi con un foglio di carta forno, che andrà ben sigillato. Lasciate riposare in frigo per qualche ora.

Sciogliete nel boccale la noce di burro a vel. 1 temp. 80° per 30 sec., poi unite gli acini d’uva tagliati a metà (se ne avete voglia, togliete i semi: io li ho lasciati), la cipolla, il sedano, il pepe ed il rosmarino precedentemente lessati insieme al pollo, ed un mestolo di acqua.

Posizionate il cestello Varoma sopra il boccale,  e mettete dentro il polpettone, dopo avere bucherellato l’involto di carta forno.

Lasciare cuocere a vel.1 per 15 minuti, poi tritate a vel. 5/6 per 1 minuto.

Affettate il polpettone pollo e prosciutto e servitelo con il sugo di uva.

Se preferite un condimento più denso, aggiungete al sugo un cucchiaino di fecola di patate.

E buon gusto!