Sartu‘.
E potrei anche chiudere qui il post, perchè il sartu’ non è una ricetta, non è un piatto tradizionale, non è una preparazione.
E’ un’istituzione, un trattato, un’enciclopedia. Se poi è anche il tema della sfida dell’ MTC65, deciso da Marina-Bogdanovic-la-possino di Mademoiselle Marina, non bastano le 56.000 pagine della Treccani.
Per cui, mettetevi comodi, prendete un té e un vassoio di biscottini, e leggete il seguito.
Oppure prendete una birra e i popcorn e accendete la TV, tanto alla fine tornerete qui per la curiosità.
“O’ riso scaldato era na zoza
Fatt’a sartù, è tutta n’ata cosa
Ma quale pizz’e riso, qua timballo!
Stu sartù è nu miracolo, è nu sballo.
Ueuè, t’o giuro ‘ncopp’a a chi vuò tu:
è chiù meglio d’a pasta c’o rraù!”.
Effettivamente, il riso non piaceva granché, alla corte di re Ferdinando il Lazzarone. Ma la mogliettina, di gusti raffinati, reclutò i monsù (chef francesi, da “monsieur”, signore) che se la tiravano parecchio, ma erano bravi. Tanto bravi da trasformare il riso, fino ad allora considerato un medicamento sciacquabudella, nello strepitoso trionfo del sartu’. Giusto per farla breve.
Quella che è lunga, è la preparazione. Sul magnifico post di Marina trovate la ricetta originale di Alfonso Iaccarino. Io vi offro la mia versione, spudoratamente copiata ed incollata quasi uguale, ma con i sapori di casa mia.
Il rischio spatascio era dietro l’angolo, ma mi è andata bene, un po’ per via della ricetta che è infallibile e un po’ perchè avevo dalla mia la fortuna del principiante.
Sartu’ alla calabrese
Per 6 persone
Per il riso
- 600 g di riso Carnaroli della Piana di Sibari
- 1 grande mestolo di ragù di pomodoro
- 6 uova
- 70 g di parmigiano grattugiato
- Pangrattato q.b.
- Burro per ungere lo stampo
Per il ragù di pomodoro
- 300 g di costine di suino Nero di Calabria
- 300 g di salsiccia fresca
- 300 g di ritagli di podolica calabrese
- 2 cipolle di Tropea
- 2 l di buona passata di pomodoro fatta rigorosamente in casa
- 1 bicchiere di vino rosso Cirò
- Olio extravergine d’oliva
- Sale
- Qualche foglia di basilico fresco
- due peperoncini piccanti
Per le polpettine
- 150 g di macinato di suino Nero di Calabria
- 1 fetta di pane vecchio di semola di grano duro
- Latte
- 1 tuorlo d’uovo
- Prezzemolo tritato
- ½ spicchio d’aglio
- Farina
- Sale, pepe
- Olio extravergine d’oliva
Per il ripieno
- 300 g di piselli freschi sgranati
- 1 cipollotto
- 20 g di funghi porcini secchi
- 1 spicchio d’aglio
- 60 g di fegatini di pollo
- 1 bicchierino di brandy
- 200 g di fiordilatte
- Olio extravergine d’oliva
Versate un paio di cucchiai di olio extravergine d’oliva in una pentola e soffriggetevi la cipolla di Tropea tagliata grossolanamente e i peperoncini a pezzetti. Aggiungete le costine di maiale, la carne di podolica e la salsiccia sbriciolata, rosolate e sfumate con il vino. . Quando l’alcol è evaporato aggiungete la passata di pomodoro, salate leggermente e fate riprendere il bollore. A questo punto abbassate la fiamma, mettete il coperchio e fate cuocere a fuoco lento ma costante per circa 3 ore.
Profumatelo con le foglie di basilico spezzettato con le mani.
In una ciotola mettete la carne macinata, il pane imbevuto nel latte e strizzato bene, il prezzemolo e l’aglio tritati finemente, il tuorlo, sale e pepe. Impastate bene e formate tante polpettine non più grandi di una nocciola. Infarinatele e friggetele velocemente in un tegame con l’olio extravergine. Disponetele sul piatto coperto da un foglio di carta da cucina.
Mettete i funghi secchi in una ciotola con acqua tiepida e lasciateli ammorbidire.
Mettete un paio di cucchiai di olio extravergine d’oliva in un tegame e cuocete i piselli con il cipollotto affettato sottilmente e l’aglio tagliato finemente per 5 minuti. Aggiungete i funghi ammorbiditi,strizzati e tagliati a strisce e insaporire per un paio di minuti. Spegnete la fiamma, salate e pepate.
Fate saltare in un’altra padella con poco olio i fegatini e sfumateli con il brandy. Cuoceteli per qualche minuto. Tagliateli a pezzetti.
Tagliate il fiordilatte a cubetti e lasciateli sgocciolare se serve.
In una pentola versate 1,5 l abbondante di acqua e aggiungetevi un mestolo di ragù di pomodoro. Portate a abolizione, salate leggermente e cuocetevi il riso fino a ¾. Mescolate di tanto in tanto e se serve aggiungete altra acqua. Spegnete, mescolate bene e lasciate intiepidire. Condite con un paio di cucchiai di olio e il parmigiano, mescolate e aggiungete uno alla volta 6 uova. Mescolate molto bene.
Volendo, potete incorporare nel riso 1/3 del condimento con i piselli e i funghi ma io non l’ho fatto.
Accendete il forno a 180°.
Imburrate accuratamente (leggi: con le mani) uno stampo da sartu’ largo 20 cm e alto 15 (il mio è più piccolo e con il riso rimasto ho fatto polpette) e spolveratelo ancora più accuratamente con il pangrattato.
Coprite il fondo dello stampo con uno strato di riso alto un dito (dipende dal dito mi direte voi…1 cm). Ricordatevi di livellare bene con il dorso del cucchiaio. Armatevi di pazienza e se avete bisogno di occhiali metteteli: dovete creare uno strato di riso di 1 cm anche sulla parete dello stampo, sempre tamponando con il cucchiaio che, se serve, potete anche bagnare. Arrivate a metà dell’altezza dello stampo.
Riempite la cavità con la metà del condimento con i piselli e i funghi, la metà dei fegatini e delle polpettine. Coprite con i dadini di mozzarella e versateci qualche cucchiaiata di ragù di pomodoro. Coprite con un altro strato di riso alto sempre un dito e rivestite le pareti fino all’orlo. Versate il rimanente condimento, i fegatini, le polpettine, la mozzarella e altro sugo. Coprite con lo strato di riso alto sempre 1 cm.
Livellate bene, cospargete di pangrattato e mettete di qua e di là qualche fiocchetto di burro oppure un filino d’olio oppure,meglio ancora, qualche fiocco dello strutto.
N.B. Il doppio strato non sarebbe necessario, però conferisce maggiore solidità all’impalcatura, che altrimenti sarebbe soggetta a cedimenti strutturali, soprattutto al momento del taglio della fetta. L’alternativa è il cemento a presa rapida, oppure la colla da falegname.
Infornate e cuocete per 30-35 minuti. Capirete che è cotto quando si vedrà chiaramente che i bordi si sono staccati dalle pareti.
Lasciate riposare almeno 15-20 minuti, fate un bel respiro e sformate sul piatto da portata.
Servite con il ragù di pomodoro caldo a parte. Io l’ho filtrato, aggiungendo altra salsa di pomodoro e acqua, e facendolo asciugare leggermente e unendo, a fine cottura, un cucchiaio di strutto, che l’ha reso lucido e setoso. Tanto per restare sul leggero.
Con questo sartu’ di riso partecipo all’ MTChallenge n. 65
Io ho 23 cromosomi napoletani e 23 calabresi: questo sartù li delizia tutti e 46!
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Ahahahah non mi era ancora capitato di nutrire i cromosomi, ma ben venga!
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Questa cosa di dover fare il sartù mi incute parecchia paura, ma con un sugo e ingredienti come i tuoi sarebbe stato una delizia anche se spatasciato!
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Buttati, ch’è facile! E non ti pentirai 😉
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Cara mia Calabrisella, hai fatto un sartu’ perfetto nella forma ma dov’è il riso è disposto in maniera uniforme. Non è scontato…e poi, io adoro il tuo modo di cucinare quando ogni cosa viene tradotta in calabrese utilizzando gli ingredienti locali ! È un attaccamento alla tua terra fedele, sincero e pensato ma con le basi che ti permettono di nuotare in qualsiasi acqua…grande !
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Grazie mia cara, ma con la tua ricetta perfetta e spiegata nei minimi particolari era impossibile sbagliare. Io ho soltanto “calabresizzato” 🙂
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Spettacolare il tuo Sartù, l’ennesimo mix in cui unisci classe, arte e conoscenza. Complimenti
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Tu sei sempre tanto cara e prodiga di complimenti. Grazie, un bacio!
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ma sai che il sartù non l’ho mai fatto? Copierò “la tua copia” (:D ) sperando di avere la stessa fortuna del principiante. Io non credo molto in questa cosa, secondo me ti sminuisci perché la tua versione, “ricalcata” o no, è bellissima e perfetta! Un abbraccio e auguri per domani 😀
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Una bella spinta alla mia autostima 😀 Grazie Fausta!
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Venuto alla perfezione! Ma come si dice sartù in calabrese? 😉
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Si dice “rrobba bbona” 😀 😀 😀
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principiante col cavolo- che forse e’ l’unico ingrediente che manca 🙂 qui c’e’ tutta la tua maestria, insieme al tuo sapere e a quel modo ironico e garbato di raccontare che da’ a questo blog una marcia in piu’. I miei 46 cromosomi non ne hanno neanche uno del sud, ma proprio per questo reclamano un posto in prima fila, all’assaggio.. anche qui c’e’ la fame atavica di certi sapori e certi profumi che non fatico ad immaginare, guardando e leggendo… ma semmai a lasciarli nella dimensione virtuale 🙂
Bravissima!
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Confesso di avere fatto un po’ la furbetta, limitandomi al copia-incolla, ma ho pensato che qualunque variazione non sarebbe stata altrettanto apprezzata. E non mi sono pentita. Grazie :*
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Per me il Sartú è rosso..Volevo provare a farlo bianco ma proprio non ci riesco …Deve esserci il ragù e quindi vorrei proprio provare la tua versione rossa con gli ingredienti della tua bella terra!!!!
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Anch’io avevo tante idee in mente, ma alla fine sono rimasta sul classico, che è la versione che preferisco. Rosso for ever!
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sto vedendo meraviglie, il tuo fa parte della lista da rifare… complimenti.
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E’una di quelle preparazioni che ti risolve un pranzo di qualunque tipo. In tutte le possibili varianti. Grazie per essere passata di qui :*
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E’ veramente un sartù napoletano migrato in calabria, questo, con i sapori della tua terra!
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Benvenuti al Sud! 😀
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Ma che bellezza meridionale un sartù da veri intenditori
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Da golosastri, vuoi dire! 😀
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Splendido veramtente
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Grazie Lisa, troppo buona! 🙂
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